lunedì 7 novembre 2011

Draghi comincia male...

                   

La prima cosa da notare è l’atteggiamento  complice, se non proprio servile  della stampa economica europea. A partire dal  “Financial Times Deutschland”  che ha subito   detto «bravo» a Draghi per aver tagliato di un quarto di punto  il tasso di interesse, facendolo passare dall’ 1,50 all’1,25.   Aggiungendo, untuosamente,   non solo che «il colpo di scena del taglio dei tassi è  un’intuizione giusta». Ma pure  che in questo modo  si  «dimostra che il nuovo consiglio ha in mano le redini della crisi, diversamente dai politici».  Certo, un nuovo consiglio targato-Italia-ma-leggi-Germania.  Quindi la politica  c’entra e come…  Per onestà, va segnalato che Marlove - attento commentatore, sotto psedudonimo, del “Tempo” di Roma – ha parlato invece di partenza antitedesca… Vedremo.
E poi,  colpo di scena,  un pugno di Euro regalati agli speculatori? Di denaro facile per far andare su e giù le Borse?  Perché di questo si è trattato.
Infatti, ammesso e non concesso che il denaro facile di keynesiana memoria  riesca  ancora  a  far bere il cavallo  ( considerati anche i  tassi bassissimi,  prossimi allo zero  per ogni dove ),   se a una politica creditizia  “al ribasso”  non si accompagnano investimenti pubblici,   i soldi a buon prezzo  se li pappano gli speculatori.  Perché nessuno si sognerà di investire,  se non in Borsa, E come?   Scommettendo,   lucrosamente e “in simultanea”,   pro e contro il debito sovrano di questo o quello Stato.  Facendo in modo di guadagnarci  comunque.
Semplificando: spesa pubblica a zero tituli  e bassi tassi di interesse,  giovano  solo ai furbi.  Piacciono solo alla gente che piace. Del  resto,  cosa ha detto Draghi  per autocelebrasi e mettere i soliti  paletti neoliberisti?   Che «La Bce è indipendente dai governi, nessuno ci può obbligare, facciamo le nostre scelte, e il discorso finisce qui».    
Ricapitolando,  Draghi ha esordito con uno  zuccherino per gli speculatori.  Mentre per gli  Stati, e in particolare per l’Italia  e altri  simil-inguaiati,   nulla cambierà:  tagli, tagli,  tagli…
Ovviamente, alla base del draghismo, e dei banchieri fotocopia,  c’è l’idea provvidenzialistica  che il mercato possa riprendersi da solo… E qui  c’è un ricorso storico.  Chiediamo scusa in anticipo  per  la “pippa antica”,  poco giornalistica,  ma quando ci vuole, ci vuole… 
Dopo il crollo dell’ottobre  1929, che fece  da detonatore della  crisi mondiale,  negli Stati Uniti  per un bel pezzo si continuò a  ragionare seguendo criteri liberisti.  Proprio come fa oggi Draghi.  Fino a quando però  non prese le redini del potere nel 1933 (dopo aver vinto le elezioni l’anno precedente)  l’interventista Franklin Delano Roosevelt.  Il quale favorì una politica di rilancio dell’economia  attraverso l’intervento pubblico. 
I governi precedenti,  presieduti dai repubblicani Calvin Coolidge ed Herbert Hoover,  avevano tenuto bassi i tassi di interesse,  tagliando però  la spesa pubblica.  Come oggi propone Draghi…    E fu  un suicidio, perché per un verso si favorì prima della crisi, anche grazie a crescenti tagli fiscali, la speculazione borsistica  (i soldi da qualche parte  andavano investiti…) ;  e per l’altro,  dopo l’inizio della grande depressione,  si incrementò, in  messianica attesa che la manna del mercato cadesse dal cielo, la crescita di una disoccupazione spaventosa. Disoccupati ai quali Hoover addirittura negò qualsiasi forma di sussidio.
Perciò,  ripetiamo, Draghi  comincia  proprio male.


                                                                            Carlo Gambescia

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