martedì 27 settembre 2011


Il ritorno di Ferdinand Tönnies


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A chi consigliare la lettura di Comunità e società di Ferdinand Tönnies (1855-1936), tornato finalmente in libreria per i tipi di Laterza? Forse a una destra, come quella italiana, soprattutto se di estrazione neofascista, che pur dichiarandosi da sempre comunitaria, all’atto pratico continua a dividersi su tutto, come prova, da ultima, la parabola del solipsismo finiano.
Cerchiamo però di essere seri. Uno studio può essere definito classico quando la qualità dei problemi che ne hanno animato il compimento supera quella delle soluzioni abbozzate. Ora, sotto questo aspetto Comunità e società, pubblicato nella Germania di Bismarck, anno di grazia 1887, va considerato un classico. E non solo della sociologia. Esageriamo? No.
Tönnies non si limita a individuare due fondamentali categorie concettuali, quelle di Comunità (Gemeinschaft) e Società (Gesellschaft). Ma le concepisce quale esito di una insopprimibile dialettica sociale tra bisogno di appartenenza e volontà acquisitiva. Se si vuole: tra identità e società di mercato. O detto altrimenti: tra affettuosa solidarietà e brusco comprare in contanti. Quindi ragiona da sociologo e filosofo sociale insieme. Tönnies, perciò, va oltre la sociologia.
A suo avviso, tutte le formazioni sociali sono opera della volontà umana, e perciò suscettibili di modifiche e miglioramenti: la volizione umana, insomma, implica sempre l’azione. Tuttavia, pur ponendo la volontà alla base dell’agire, Tönnies la divide in volontà essenziale (Wesenwille) e volontà arbitraria (Kürwille). Ovviamente, chiediamo scusa al lettore per i paroloni in lingua tedesca…
In realtà, le due forme di volontà, benché entrambe dettate da desideri e aspirazioni, hanno origini e ruoli differenti. La volontà essenziale anima la vita comunitaria, mentre la volontà arbitraria il vendere e il comprare. Ciò significa, come osserva Tönnies, che le due volontà divergono nello stesso modo in cui « i sistemi di organi e gli organi singoli di un corpo animale » differiscono da un « utensile artificiale o una macchina costruita con determinata scopi» ( Ferdinand Tönnies Comunità e società, Edizioni di Comunità 1963, p. 167).
Di riflesso, la libertà che deriva dalla volontà essenziale è una libertà organica e funzionale alle affinità di parentela, luogo e spirito, affinità che regolano dall’interno la vita di un gruppo umano. Per contro, la libertà che discende dalla volontà arbitraria è artificiale, esterna e finalizzata alla soluzione di calcolati rapporti societari e di mercato. Ciò però non implica, come rileva Tönnies, che «nella vita sociale e storica dell’umanità , la volontà essenziale e la volontà arbitraria non possano essere in parte profondamente connesse, ed in parte affiancate e opposte». Infatti, nonostante «tutta la cultura» rischi sempre di trasformarsi «in civiltà sociale e statale (…) i germi sparsi [della cultura comunitaria, ndr] possono rimanere vitali, [cosicché, ndr] l’essenza e le idee della comunità possono di nuovo ricevere alimento e sviluppare una nuova cultura nell’ambito di quella che si estingue» (Ibidem, p. 295).
Tönnies ci insegna tre cose.
In primo luogo, l’analisi della vita sociale non può essere condotta in modo unilaterale, come invece oggi sostengono (e fanno) mercatisti e decrescisti: i primi, puntando sull’uomo economico, tutto mercato, calcoli e profitti; i secondi, deificando uomo ecologico, tutto comunità, bontà e natura. Due errori clamorosi.
In secondo luogo, alle interpretazione conflittuali ( comunità contro società di mercato e viceversa), evolutive ( dalla comunità alla società di mercato) o bucoliche (dalla società di mercato alla comunità), ne va affiancata, se non privilegiata, una di tipo, per così dire, solidale (comunità e società di mercato). Un approccio, quest’ultimo, che permetterebbe di capire adeguatamente quei comportamenti collettivi, frutto di impegno morale e sociale, che permeano la vita economica. Si pensi solo, per venire ai nostri giorni, al “capitalismo sociale di mercato”, al “terzo settore” e al complesso fenomeno del “volontariato sociale”.
In terzo luogo, vanno sempre respinte le mitizzazioni organiciste. Dal momento che fu proprio Tönnies , dopo l’ascesa al potere del nazismo, a mettere in guardia i lettori « nei confronti di interpretazioni equivoche e di applicazioni [ dei suoi concetti, ndr] che si credono intelligenti» (pref. all'ottava edizione, 1935, ed. it. cit., p. 41). Del resto, anche due pensatori poco teneri verso l’ organicismo politico e sociale, come Horkheimer e Adorno, nelle celebri Lezioni di sociologia, ammisero la distanza dei concetti tönniesiani di comunità e società da ciò che nel Terzo Reich ritorna come «contrapposizione propagandistica di “comunità di stirpe ariano-germanica” e “società giudeo-occidentale” » (Istituto per la Ricerca Sociale di Francoforte, Lezioni di sociologia, Einaudi 1979, p. 48, nota 24).
Resta però un punto debole nell’opera di Tönnies. E probabilmente perché il pensatore tedesco era un filosofo sociale piuttosto che della politica. A cosa ci riferiamo? In Comunità e società il “politico”, come decisione e contrasto amico-nemico, è praticamente ignorato. Infatti, nella comunità, proprio perché tale, ogni decisione al suo interno non può implicare alcuna divisione politica, mentre nella società la decisione viene demandata al mercato e il nemico trasformato in concorrente economico.
Che dire? Nessuno è perfetto, Tönnies compreso.

Carlo Gambescia

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