venerdì 4 febbraio 2011

Roberto Alfatti Appetiti 
e la favola del fascismo libertario



Stimiamo Roberto Alfatti Appetiti (nella foto). E’ un giornalista colto, onesto, curioso. Non si mette mai in posa, come invece capita ad altri meno degni di lui, sempre pronti però a presentarsi come eredi di Montanelli. Perciò lo leggiamo con interesse e giusto rispetto. Però non riusciamo a capire né perdonare la sua “cotta” per la favola del "fascismo libertario" ( Hobsbawm parlerebbe di "tradizione inventata" ex post...).
Si prenda ad esempio il suo articolo su Berto Ricci : http://robertoalfattiappetiti.blogspot.com/2011/02/berto-ricci-un-ricordo-settantanni.html  .  Un pezzo tecnicamente perfetto, ben scritto, godibile ma ideologicamente debole, forse troppo. Come pare intuire lo stesso Alfatti Appetiti, quando gli scappa dalla penna che “[Berto Ricci] anarchico individualista […] non si convertì al fascismo – come si usa dire – ma […] pensò, forse illudendosi, di fare del fascismo una permanente rivoluzione libertaria, malgrado la resistenza di un apparato che mai lo amò”. Il corsivo, come si dice, è nostro.
Tre osservazioni
La prima. “Fare del fascismo una permanente rivoluzione libertaria”. Che cosa significa? Ricci morì in divisa, e da volontario, in una guerra hitleriana condivisa da Mussolini. Un conflitto ingiusto, crudele e disastroso. La guerra è quanto di più costrittivo - altro che di libertario... -possa segnare la vita sociale dell'uomo. Di più: se Hitler, accanto alle cui truppe Ricci combatteva, avesse vinto, oggi non saremmo qui a baloccarci con il fascismo libertario né con la democrazia. Per dirla fuori dai denti: se Ricci era un libertario, i fratelli Rosselli trucidati in Francia a quale tribù politica appartenevano? Insomma, cerchiamo, almeno per una volta, di essere seri, assegnando a ciascuno il suo.
Seconda osservazione. Mettere nello stesso calderone Mazzini, Oriani, d’Annunzio, Papini e Soffici (prima del ritorno all’ordine, of course) e Strapaese significa tirare fuori la vecchia argenteria del romanticismo fascista, nemico dell'illuminismo e della moderna mentalità borghese (si legga Kunnas, please). "Posate" e "vasellame" che non hanno mai brillato, è proprio il caso di dirlo, per libertarismo... Quindi a ciascuno il suo: che c’entra il romanticismo fascista di Berto Ricci con il libertarismo dei fratelli Rosselli? Oppure, a voler essere generosi, con il liberalismo moderato sposato da Longanesi e Montanelli nel Dopoguerra, tra l'altro citati da Alfatti Appetiti? Il primo con il giusto recupero via Ansaldo, del Giolitti riformatore e “Ministro della buona vita”; il secondo idem con (le sacrosante) patate celebrative 1980 della marcia dei quarantamila quadri Fiat.
Terza e ultima osservazione. L’unico fascismo libertario, ammessa e non concessa la sua esistenza e buona fede, fu quello che già prima della guerra aveva preso le distanze dalla tentazione totalitaria e militaristica insita nel romanticismo fascista, andando poi a confluire tra il 1943 e il 1945 nei vari partiti repubblicani, incluso il Pci. Sotto questo profilo il "lungo viaggio" di Ruggiero Zangrandi resta significativo, come quello di molti “Littori” universitari: tutta gente uscita per tempo dal fascismo e sostanzialmente contraria alla guerra. Fermo però restando un fatto: che le “conversioni” post-1945 al comunismo di alcuni fascisti di sinistra, passati per Salò (che sicuramente non fu un' esperienza libertaria per gli italiani di religione ebraica…) vanno invece ricondotte al comune odio antiborghese, antiliberale e anticapitalista di comunisti e fascisti. Quanto di più lontano dal liberalismo, dal libertarismo e da quel mix di mercato, democrazia, libertà che ha segnato, piaccia o meno, la storia d’Italia dopo il 1945, ricongiungendola a quella pre-1922.
Concludendo, perché non lasciare in pace Berto Ricci? Un fascista morto in divisa, quindi coerente e degno di rispetto. Ma - ecco il punto - il romanticismo fascista, seppure in versione patriottica e onesta è una cosa, il libertarismo democratico un'altra. 
Perché non farla finita - non si offenda l’amico Roberto - con la favola del fascismo libertario ? 


Carlo Gambescia

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