mercoledì 1 dicembre 2010

Scuola
La Gelmini contro tutti, 
anche contro von Clausewitz


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Una prima osservazione. Dal momento che secondo il celebre detto di von Clausewitz, guerra e politica quanto a finalità si somigliano, il Ministro Gelmini ha commesso un errore strategico. Nel senso che da Giulio Cesare a David Petraeus è sempre valsa una regola: dividere il nemico e mai mettersi nella condizione di essere attaccati su più fronti. E invece è quel che sta accadendo alla Ministra dell’Istruzione, il cui progetto di riforma universitaria ha scatenato persino l’ira dei baristi degli atenei…
Cosa vogliamo dire? Che la Riforma, andava attentamente concordata con le varie componenti, e in particolare con i ricercatori. Parliamo di docenti, che a vario titolo e a tutti gli effetti, mandano avanti la carretta, sobbarcandosi, lezioni, tesi e quant’altro. E che rischiano di ritrovarsi o fuori dell’università, senza poter spendere i titoli accumulati, o in futuro “ancorati” a concorsi triennali capestro. E tutto questo per ridurre il numero dei docenti e risparmiare sulla spesa corrente. E uno…
Ma è pure scontata la rabbia” degli studenti. Basta fare la “prova finestra: chiediamo al lettore di recarsi di mattina presto all’Università Statale per “affacciarsi” in aula e scoprire come regolarmente gli studenti facciano a pugni per trovare posto. Ciò indica che i docenti sono pochini… E la Gelmini li vuole “segare”. E due…
Ma anche i professori non sono contenti. Non piace, infatti, neppure a loro l’idea di dare più potere “economico” ai Consigli di Amministrazione, con a capo un ragioniere, e di ridurre il potere “culturale” di rettori e professori. Ma per la Ministra ciò che conta è aprire ai privati. E così tagliare le spese. E tre…
La Gelmini, in pantaloni e “dolcevita”, ( mai visto un Ministro della Repubblica presentarsi alla Camera abbigliato da affezionato cliente di un “Casual Store”…), ha dichiarato che la Riforma serve a combattere i baroni universitari e che coloro che protestano ne difendono i privilegi.
E qui viene da sorridere, perché, basta che si conosca un poco l’ambiente, per sapere che, anche introducendo l’abilitazione nazionale attraverso concorso unico, le “pastette” saranno di nuovo all’ordine del giorno. Ma quale meritocrazia? Si avrà una sorta di listone degli ordinari e associati abilitati, dal quale le università dovranno comunque pescare, scegliendo, patteggiando, e così via: ci pare già di vederli all’opera baroni e baronetti: Rossi prima va là, Bianchi dopo viene qui, Verdi torna là…. Insomma, meritocrazia, ma solo a chiacchiere. Perché resterà vincolata ai soliti ferrei accordi tra feudatari.
Quel che poi dà più fastidio è l’insistenza sulle questioni di bilancio, come ad esempio nel caso dell’accorpamento e/o riduzione del numero delle Facoltà… Misure - speriamo di sbagliarci - rivolte in prospettiva solo a tagliare personale docente e amministrativo. Inoltre, l’accorpamento farà ricadere sulle spalle degli atenei maggiori, già pieni zeppi come la metropolitana nelle ore di punta, una valanga di altri iscritti. E con quali professori? Visto che Riforma farà fuori circa un terzo dei ricercatori universitari? Sui quali oggi, ripetiamo, grava il grosso lavoro didattico.
In realtà, sotto la retorica meritocratica si nasconde il tentativo di affossare, e per sempre, l’Università Statale, tagliando fondi e docenti. E magari, come sovrapprezzo, di trasformare gli studenti fuori sede in malinconici pendolari o in agnelli sacrificali del solito affittacamere tipo Freddy Krueger, con taglienti rasoi al posto delle unghie.
Che poi si gridi ai quattro venti, come fa la Ministra, che la Riforma imporrà il timbro del cartellino ai professori è ridicolo. Renzo de Felice, il grande storico del fascismo, qualche volta arrivava in ritardo a lezione. Ma era comunque apprezzato da studenti e collaboratori. E la Gelmini? Oggi come oggi, lo licenzierebbe… 
Carlo Gambescia

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