lunedì 29 novembre 2010

Wikileaks 
Tempesta in un bicchier d’acqua



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Sulle "rivelazioni" di Wikileaks vanno fatti due discorsi. Il primo riguarda i contenuti, il secondo la forma.
Quanto ai contenuti, a prima vista, dai documenti pubblicati non viene fuori nulla di veramente importante, se non pettegolezzi e chiacchiere di corridoio. Oltre, ovviamente, alla scoperta ( che non è una scoperta, come vedremo più avanti) del ricorso statunitense allo spionaggio.
Quanto alla forma, siamo davanti a un evento mediatico, o meglio mediatizzato. E in questo senso, se ci si passa l’espressione, come è stato “mediatizzato”, può essere “smediatizzato”. Tradotto: da qui a dieci giorni, sulle “rivelazioni” potrebbe calare il silenzio.
E qui si apre un problema interessante: quello del rapporto fra la forza del “segreto” , connaturato a ogni forma di potere (democratico, dittatoriale, eccetera), e la forza della verità dei moderni, come dire, “a mezzo stampa”.
In teoria, le “rivelazioni”, dal punto di vista della moderna ortodossia democratico-giornalistica, dovrebbero far cadere, soprattutto se leader eletti (come Obama, Sarkozy, Berlusconi), gli statisti "chiacchierati". Ma così non sarà.
Perché? Il segreto ( e le pratiche connesse, spionaggio, eccetera) in politica, come strumento di gestione (nei termini del Mors tua vita mea) è insopprimibile. Che cosa sono a fronte del millenario culto degli Arcana Imperii, i riti moderni della libertà ( e verità) di stampa? Nulla.
La politica ha forza propria, perché, come la religione e la medicina, concerne la vita e la morte degli uomini. Come del resto afferma l’antica iscrizione romana, preservataci da Cicerone: Salus pubblica suprema lex esto. Di qui la sua prevalenza, su ogni altra considerazione, quale principio dell’autodifesa di un gruppo sociale.
Ad esempio, se Hillary Clinton, come rivela Wikileaks, ha fatto spiare alleati e nemici, lo fatto nell’interesse del popolo americano. In questo senso, ha ubbidito al principio del Suprema lex salus popoli esto. Alla stessa stregua di un console romano, di un feudatario medievale, di un ministro prussiano. Che poi talvolta il potere venga strumentalizzato da chi, anche su delega, al momento lo eserciti, fa parte del “gioco”. Ma, attenzione, il potere può essere strumentalizzato, o distorto, come la storia mostra (da ultime le esperienze del totalitarismo novecentesco), fino a quando non metta a rischio la Salus popoli. C’è un limite di autoconservazione sociale, oggettivo (come mostra, tra le altre, l’esperienza sovietica), oltre il quale i “governanti” non possono andare, pena la completa dissoluzione politica e sociale. E questo sicuramente non è il caso delle democrazie contemporanee. Che sono ancora ben lontane dal raggiungere il punto di rottura.
Perciò, una volta superata la curiosità iniziale, delle rilevazioni di Wikileaks non si parlerà più. Al massimo i files pubblicati andranno ad arricchire (si fa per dire) il vivaio pseudo-culturale delle varie mitologie complottiste. Ma questa è un’altra storia.



Carlo Gambescia
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