martedì 23 novembre 2010

 Nasce la Federazione della Sinistra

Socialdemocrazia,  introvabile...


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Ieri ammiravano l’ Unione Sovietica dal carro armato facile, oggi l’America Latina di Chavez e compagnia sciabolante. Di chi parliamo? Della Federazione della Sinistra (FdS). Totale voti alle regionali del 2010: intorno al tre per cento… Che ha celebrato lo scorso fine settimana il primo congresso all’ Ergife di Roma, davanti a suoi tre subcomandanti: Ferrero, Diliberto e Salvi…
Nel documento congressuale si legge che “Rifondazione comunista, Pdci, Socialismo 2000 e Lavoro-solidarietà daranno vita, “in nome di quello che i popoli latinoamericani chiamano il socialismo del XXI secolo, a un nuovo soggetto politico” rivolto a “invertire la tendenza alla divisione e alla frammentazione, che tanto danno hanno arrecato alla sinistra”. La Federazione, si prosegue, “non è un partito unico e nemmeno un cartello elettorale o la sommatoria di due partiti comunisti, ma un progetto ambizioso e originale che punta a valorizzare e a trasformare in iniziativa politica il conflitto sociale e la prassi quotidiana patrimonio comune alle differenti soggettività che costituiscono la Federazione”.
E sempre in nome della “soggettività” si sottolinea la distanza sia dal Pd e dalle forze moderate del centrosinistra. Ma non piace neppure Vendola, dal momento che si fa notare come “la diversità tra la nostra piattaforma e il nostro progetto politico” rispetto a quello di Sinistra ecologia libertà “non vada negata e nemmeno sottovalutata”…
Quando però si va a spulciare nel programma della Federazione della Sinistra, si scopre che potremmo essere davanti a un micropartito socialdemocratico, magari più spostato a sinistra come certe vecchie frange della sinistra del Labour Party o del Sozialdemokratische Partei. Infatti, a parte l’ oggi rituale antiberlusconismo, che si propone in concreto? “ Politiche fiscali che “spostino i carichi dal lavoro ai guadagni di capitale e alle rendite”, una “legislazione del lavoro che contrasti la precarietà”, il riconoscimento del “matrimonio tra persone dello stesso sesso”, l’ uscita “dalla Nato, il ritiro unilaterale dall’Afghanistan e la chiusura delle basi militari straniere in Italia”.
A parte, il delicato tocco di post-modernità gay e la critica alla Nato, da sempre diffusa anche nella sinistra dei partiti laburisti inglesi e tedeschi, saremmo quasi in pieno clima socialdemocratico… Ma, allora, Ferrero, Diliberto e Salvi hanno cambiato bandiera? Si professano socialisti del XXI secolo mentre in realtà sono socialdemocratici del XX? No. Perché continuano, in stile vecchio Pci, a non essere carne né pesce, Ci spieghiamo meglio.
L’Italia non ha mai avuto un vero partito socialdemocratico, perché, soprattutto nel secondo dopoguerra, la cosiddetta sinistra maggioritaria (comunisti e socialisti), ha sempre guardato al socialismo come obiettivo finale. A differenza della socialdemocrazia tedesca, che a Bad Godesberg (1958) sposò la causa del riformismo, in Italia, all’inizio degli anni Sessanta, comunisti e socialisti ancora si baloccavano con la “democrazia progressiva” (comunisti) e le “riforme di struttura” (socialisti): due eufemismi per dire che loro mica erano socialdemocratici: democrazia e riforme, non potevano restare tali, ma dovevano favorire - come si leggeva nei documenti ufficiali - la “transizione” dal capitalismo al socialismo. Ancora negli Ottanta, persino Craxi, malgrado l’ enfasi sul “riformismo”, ogni volta che alzava il gomito tirava fuori dalla tasca Proudhon e l’autogestione socialista…
Dopo il crollo dell’Unione Sovietica e il terremoto di Tangentopoli, comunisti e socialisti, senza mai essere stati socialdemocratici, sono diventati di colpo liberisti… E gli ultimi comunisti irriducibili, come Ferrero, Diliberto e Salvi, socialdemocratici. Ma solo a metà, perché continuano tuttora a rifiutare il capitalismo in nome del “Sol dell’Avvenire”…
Morale della favola: in Italia, ancora oggi non esiste un vero partito socialdemocratico… Che malinconia.

Carlo Gambescia

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