giovedì 4 novembre 2010

Il libro della settimana: Alain de Benoist, Cartouches: Les éditoriaux d’ Éléments” (1973-2010), Association des Amis d’Alain de Benoist, Paris 2010, pp. 346, euro 24.

http://www.alaindebenoist.com/index.php
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E’ un evento. Non è possibile usare altro termine a proposito dell’ultimo libro di Alain de Benoist, appena uscito in Francia. Si tratta della raccolta degli editoriali pubblicati su “Éléments” con lo pseudonimo di Robert de Herte ( un omaggio al ramo familiare della bisnonna, Louise-Marie-Apolline de Herte): “Éléments”: Cartouches: Les éditoriaux d’ Éléments” (1973-2010), Association des Amis d’Alain de Benoist, Paris 2010, pp. 346 euro 24.
Nel 1994 i primi 65 editoriali ( a partire dal 1973) furono raccolti nel volume Le grain de sable. Jalons pour une fin de siècle. Ora vengono ripubblicati in Cartouches unitamente agli editoriali successivi, per un totale di 125 articoli. Si tratta di tutto il pubblicato fino al settembre dell’anno in corso (Éléments , n. 136). Con una chicca: in appendice è riprodotta, da quest’ultimo fascicolo, l’interessante intervista curata da François Bousquet, (La Nouvelle Droite est-elle de gauche? Un bilan d’étape) ), ad Alain de Benoist e Michel Marmin, altro pilastro della rivista.
Proprio l’ampiezza della raccolta permette di capire quel che è vivo e quel che è morto in un pensatore vulcanico e in un movimento di idee che giustamente, e non da oggi, vengono confusi insieme. A tale proposito, secondo de Benoist si può parlare

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“del passaggio da una fase più confusa, quella del primo periodo, dal 1973 al 1981, a una fase più matura, sotto il profilo dell’analisi, a partire dagli anni Novanta” ( p. 18).
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Ma lasciamo sia lui stesso a chiarirci le idee in argomento:
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“All’inizio degli anni Settanta, ad esempio, ho scritto alcuni testi sull’ecologia, sul lavoro, sulla teoria della conoscenza, che oggi giudico assolutamente erronei. Tra l’altro, ho commesso l’errore di usare il termine ‘nominalismo’ in un senso che è stato compreso male. Anche l’importanza conferita dalla ND a una tematica come il quoziente di intelligenza era sicuramente eccessiva. Come diceva Spengler nelle vicende umane, la storia batte le scienze naturali! (..). Sarei tentato di sostenere che nel corso degli anni la ND è semplicemente cresciuta, divenendo adulta, superando e respingendo sia certo atteggiamento adolescenziale, tipico della destra (l’universo-eroico- paterno degli dei e degli eroi), sia certo infantilismo della sinistra (l’universo fusionale-materno dell’indistinto sociale), due forme, che non riflettono soltanto l’universo pre-edipico del comportamento, ma anche due concezioni della vita sostanzialmente impolitiche. In Francia la ND è una scuola di pensiero priva, almeno nell'ultimo mezzo secolo, di equivalenti. Perciò non si può dire si può dire che già non sia entrata nella storia delle idee" (pp. 336-337).
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Interessante anche quel che asserisce de Benoist a proposito del termine “Nuova Destra:

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“Senza averlo formalmente abbandonato, cerco di utilizzarlo il meno possibile. Ho anche spiegato in innumerevoli occasioni, come l’ espressione, che non nasce per libera scelta, ma solo nel 1979 quale invenzione mediatica per designare una corrente di pensiero che già esisteva da undici anni, resti, almeno a mio avviso, insoddisfacente, proprio perché si presta a possibili equivoci. Il vero problema è che non si è mai trovata un’ altra espressione in grado di sostituirla. Va anche detto che è molto difficile liberarsi di un’etichetta quando, come nel caso, incontra durevole fortuna. Il termine Nuova Cultura, utilizzato per qualche tempo, era troppo vago. Del resto l’espressione Nuove Sintesi, usata da Marco Tarchi, resta anch’essa imprecisa (…). In effetti, l’ appellativo, [Nuova Destra n.d.r.] non può che essere fonte di malintesi. E il solo modo per evitarli è interessarsi al contenuto piuttosto che al contenitore” (p. 333).
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E questo è solo l’ antipasto del libro… Tra l’altro, perfetto anche nel titolo: Cartouches, “cartucce” di carta. Al lettore, infatti, non resta che leggere per “caricare”. Quanto alla “mira”, visto che servono lettori intelligenti, si tratta di un dono di natura. E purtroppo i buoni “tiratori”, probabilmente, saranno sempre pochi.

Carlo Gambescia
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