martedì 12 ottobre 2010

Politica estera
Qual è l’interesse italiano in Afghanistan? 
Per favore qualcuno ce lo può spiegare?


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Oggi si celebrano i funerali dei quattro alpini italiani caduti in Afghanistan. Quattro morti che vanno onorati.
Tuttavia non ci si può non interrogare sull’utilità o meno, attenzione, non per agli afghani o per gli americani, ma per noi italiani di essere lì con i fucili spianati in quello scatolone di sabbia, o quasi.
Non siamo internazionalisti o filosofi del diritto. I ricami teorici a colpi di jus ad bellum e jus in bello li lasciamo ai Danilo Zolo della situazione, così abili a coniugare La Pira, Marx e Carl Schmitt. In realtà, quando si fa geopolitica più si vola alto più si corre il rischio di perdersi tra le nuvole, come ben sapeva quel colto volpone realista di Henry Kissinger. Che, ben lontano dal bazzicare sacrestie, si addottorò con una tesi su Oswald Spengler. Ma questa è un'altra storia.

La nostra analisi si basa semplicemente su ragioni di buon senso, nutrite di qualche modesta cognizione storica e sociologica. Nulla di impegnativo insomma.
Ora, le motivazione ufficiali, semplificando al massimo, sono sostanzialmente tre: 1) rispetto del trattato Nato; 2) sconfitta del terrorismo; 3) pacificazione-modernizzazione dell’Afghanistan. Esaminiamole.
1) I trattati hanno valore, almeno in politica estera, fino a quando i vantaggi sono superiori agli svantaggi. E l’Afghanistan non è sicuramente un "buon investimento" geopolitico per l’Italia, i cui interessi strategici, come è noto, ruotano da sempre intorno al Mediterraneo e all’ Adriatico con pendant albanese-balcanico-turco. Allora, interesse economico? La ricostruzione, eccetera?. Forse, ma prima dovrebbe finire una guerra, di cui però, almeno per ora, nessuno sa di preciso, qui in Italia, quando l’ultimo - attenzione l’ultimo - soldato Nato (e dunque anche italiano) tornerà a casa. Per quale ragione regna l'incertezza? Facile, perché non siamo noi a decidere, ma gli americani. Ora, sembra che l’alleato più forte, gli Usa, abbia deciso per la fine del 2011. Ma se la situazione militare non cambierà, probabilmente a decidere sarà la qualità della resistenza talebana… Forse anche prima del 2011, forse anche dopo. Ma in quale situazione interna? Karzai potrebbe essere tolto di mezzo e l'Afghanistan finire diviso in zone dominate dai diversi gruppi tribali in aspra lotta tra di loro. Condizioni ideali - si fa per dire - per concludere buoni affari... Concludendo, l'Afghanistan non sembra un buon investimento.
2) La sconfitta del terrorismo, se ci si passa l’espressione, è una “barzelletta politologica”. Il terrorismo, in quanto nemico invisibile, non potrà essere mai localizzato e battuto sul campo. Sconfiggerlo, come insegnano gli israeliani ( ma fino a un certo punto) è una sporca questione di Intelligence. Per contro, la battaglia sul campo in Afghanistan, può essere vinta solo con un gigantesco impiego di truppe e mezzi (almeno due milioni di uomini), altro che aerei armati italiani... Uno sforzo di inusitate proporzioni che la Nato - i cui stati membri, in quanto democratici, preferiscono tendenzialmente il burro ai cannoni - neppure ha preso lontanamente in considerazione.
3) La pacificazione-modernizzazione dell’Afghanistan è un’altra “barzelletta politologica”, perché imporrebbe prima la vittoria sul campo, poi la conversione di una cultura tribale, quella afghana, fortemente conflittuale, in una cultura consensuale di stampo occidentale. Un processo che richiederebbe almeno tre generazioni, a partire da oggi.
Detto questo, poniamo di nuovo la nostra domanda: qual è l’interesse italiano in Afghanistan? Qualcuno per favore ce lo può spiegare?

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Riceviamo e pubblichiamo volentieri il ghiotto contributo del bravo Roberto Buffagni. Dove si cerca di rispondere, e in modo piuttosto brillante, al quesito di oggi. (C.G.)
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Il Paese degli smemorati...
di Roberto Buffagni
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Dicono gli psicanalisti che la nevrosi ti rovina sicuramente la vita, però in cambio ti dà un grosso vantaggio marginale: ecco perchè è così difficile guarire.
Per l'Italia e l'Afghanistan (il Kosovo, etc.) è la stessa cosa. Stiamo in Afghanistan perchè per la nostra classe dirigente in primis, per noi in secundis et tertiis, è più facile dire di sì che dire di no agli americani. E qui non alludo alle difficoltà concrete, alle pesanti ripercussioni che subirebbe qualunque governo italiano che negasse agli USA la loro (nostra) libbra di carne (tra l'altro, per i singoli governanti ci sarebbe da rischiare la distruzione politica personale, ed eventualmente, se proprio rompono i c***, anche la pelle). No, qui parlo delle difficoltà psicologiche che dovrebbe affrontare non solo la classe dirigente, ma l'Italia tutta, se si dicesse di no agli americani.
Siccome l'impostazione di fondo della balla propagandistica è che siamo lì a fare la pace e a portare i diritti umani e il dovere per il Sig. Talebano di lavare i piatti e passare l'aspirapolvere mentre la Signora Talebana si dedica alle arti e alle scienze, non possiamo dire che non ci andiamo perchè siamo troppo buoni e ci ripugna sparare.
Siccome l'esercito è professionista e non bisogna spiegare niente alle mamme dei morti in divisa ("E' il loro lavoro, li pagano bene", sentito con le mie orecchie da specimen umano nazionale) non possiamo dirgli che le nostre mamme piangono e non votano più i buoni.
A questo punto, per dirgli di no dovremmo dire, a loro e soprattuto a noi stessi, la verità.
Solo che 1) non ci siamo più abituati da troppo tempo; 2) ci siamo addirittura raccontati, da vent'anni, che la verità non esiste, e/o che dipende solo da quanta forza ha chi sostiene una opinione; 3) non ce la ricordiamo più bene; 4) se anche ce la ricordiamo, è veramente troppo grossa da dire.
Toccherebbe segnalare il fatto che la festa nazionale del 25 aprile festeggia la perdita dell'indipendenza nazionale, come se uno festeggiasse il giorno che lo mettono in galera, perde l'uso dele gambe, o non gli tira più. Toccherebbe spiegare come mai gli ex comunisti dicono e fanno quel che dicono e fanno. Toccherebbe spiegare come mai la Chiesa cattolica, nella persona dei suoi papi, ha appoggiato la frantumazione della ex Jugoslavia, è andata a fare gli auguri di compleanno a Bush, eccetera. Toccherebbe ammettere che non sappiamo più a quale scopo continuiamo a stare insieme, noi italiani; che non sappiamo più perchè nelle cartine c'è questa roba stivaliforme con su scritto Italia.
Insomma, il vantaggio marginale della guerra è che possiamo continuare a raccontarci la solita balla consolante. Non ci crede più nessuno, dite? Embé? Perchè secondo voi al materialismo dialettico ci credevano, in URSS dopo il '56? Il cardinale Marcinkus credeva alla Madonna di Fatima, il suo livre de chevet era Nicola Cusano?
Colgo l'occasione per segnalare che il generale Fabio Mini, dicendo pubblicamente che chi approfitta della morte dei quattro alpini per beccarsi la tangente di Finmeccanica è una merda, dimostra che anche vestendo la divisa dell'esercito italiano si può essere uomini d'onore. Il che aggrava, naturalmente, la posizione degli altri, in divisa o no.
Fra Cristoforo diceva che verrà un giorno. Mah, speriamo. Segnaliamo alle apposite istanze che qua è da un pezzo che lo si aspetta, e ci saremmo anche un po' stufati.
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Roberto Buffagni

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