lunedì 2 agosto 2010

 Forma e sostanza

Fini e la Presidenza della Camera


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In questa Italia dove ci si fa eleggere con un partito, per poi (ri)fondarne un altro di colore opposto o quasi, ci tocca pure indossare i panni curiali del costituzionalista, noi modesti studiosi di sociologia. Ci spieghiamo meglio.
Se alla Presidenza della Camera al posto di Fini vi fosse un Rutelli, uscito, mettiamo, dal Pd forza di governo, per creare un partito in pratica fiancheggiatore dell’opposizione berlusconiana, Bersani, Di Pietro, “Repubblica” & Company ne chiederebbero le dimissioni un giorno sì e l' altro pure.
Apparentemente non c’è leva costituzionale che obblighi l’ex delfino di Almirante alle dimissioni. In realtà però - questione sulla quale si è glissato, ovviamente a sinistra - tutti i precedenti Presidenti della Camera repubblicana non hanno mai ricoperto durante il loro incarico il ruolo di segretario politico del partito di provenienza, inclusi gli ultimi due (Casini e Bertinotti)… Mentre Fini addirittura ha (ri)fondato un partito (Futuro e Libertà per l’Italia) di cui è il capo di fatto se non pure di diritto.
Certo, se sollecitato, Fini potrebbe trasferire l’incarico politico ad altri e restare Presidente della Camera.
Rimane però un altro fatto importante. Nel 1994 (Primo Governo Berlusconi) venne interrotta la prassi per cui uno dei due Presidenti doveva appartenere alla maggioranza e l’altro al maggior gruppo di opposizione. Da allora fino ad oggi, la coalizione prevalente alle elezioni ha nominato come Presidenti di Camera e Senato esponenti della maggioranza stessa. Quindi Fini, dopo il salto della quaglia, sarebbe fuori.
Certo, l’ex fascista del Duemila per ora, appoggia, così dice, il Governo Berlusconi dall’esterno, e quindi nominalmente fa parte di questa maggioranza. Di conseguenza la forma sarebbe salva.
Ma la sostanza no. E la democrazia pure.

Carlo Gambescia
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