lunedì 30 agosto 2010

Dibattiti (con un intervento di Bernard Dumont)
Chiesa e immigrati


Come “inquadrare” sociologicamente le ripetute critiche della Chiesa Cattolica alle politiche di severo controllo dei flussi migratori?
La Chiesa Cattolica applica l’etica dei princípi o dei valori , lo Stato quella della responsabilità o dei mezzi . Ci spieghiamo meglio.
Per la Chiesa il valore fondamentale da difendere è la dignità dell’uomo, per lo Stato, invece, la difesa della dignità dell’uomo va sempre commisurata "responsabilmente" ai mezzi disponibili per salvaguardarla: se per la Chiesa, "potenza spirituale" che confidando nella Provvidenza non si misura con i mezzi, tutti gli uomini sono uguali, per lo Stato, "potenza terrena" che confida solo in se stessa, i "propri" cittadini sono “più uguali degli altri”. Ovviamente, anche l’etica di uno “Stato Mondiale” non potrebbe non essere pragmatica. Dal momento che i mezzi, a prescindere dallo scenario geopolitico e istituzionale (dallo Stato nazionale allo Stato universale), sono sempre politicamente scarsi e contesi. Di conseguenza qualsiasi istituzione politica "terrena", se vuole sopravvivere, deve fare i conti con essi.
Di qui - crediamo - l’impossibilità di una proficua e stabile intesa tra Stato e Chiesa Cattolica sulla questione dell’immigrazione. Perché la Chiesa non ragiona in termini di risorse (scarse e limitate temporalmente) ma di princípi o valori (sovrabbondanti, come la Grazia, ed eterni).
Certo, è pur vero che la Chiesa parla al mondo senza essere essere del mondo. Perciò un partito cattolico (confessionale) al potere - quindi pienamente di "questo mondo" - non potrebbe non veicolare la “cultura dell’ accoglienza”. Ma come? Con grande prudentia. E in che modo? Aderendo, come ogni altra istituzione o "potenza terrena”, a quella casistica del male minore - ora "accantonata" ma presente, fin dal tardo medioevo, nella teologia politica cattolica - che permette (e giustifica) di commisurare (temperandoli), come richiede la pratica politica, princípi (immensi) a mezzi (scarsi). Probabilmente un partito cattolico finirebbe per favorire l' ingresso degli stranieri correligionari, centellinando quelli di altre confessioni non cristiane. Insomma, difenderebbe “i propri” cittadini politici o elettori.
Alla luce di quando detto, come giudicare "l’interventismo" sugli immigrati della Chiesa Cattolica? Un giusto e nobile richiamo. Ma totalmente impolitico.
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Riceviamo e pubblichiamo volentieri il seguente commento dell'amico Bernard Dumont (nella foto),  direttore della rivista "Catholica" http://www.catholica.fr/ (C.G.)
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Caro Carlo,
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Non condivido l'analisi. A mio parere sono altre le ragioni che spiegano le recenti dichiarazioni (ad esempio, di Monsignor Marchetto) .
1) Si tratta di una forma di atteggiamento ecclesiastico che si ripete con regolaritàdagli anni ’70 in poi. Una politica di parole funzionali alla doxa benpensante; parole che danno credito, in modo molto astratto e utopico, alle ipocrite dichiarazioni di coloro che perseguono il potere per il potere.
Mi spiego : Sarkozy, per palesi motivi di bassa politica, lancia una operazione spavalda contro i clandestini più facili da espellere, perché poco numerosi e meno difesi, questo accade subito dopo due casi di delitti a loro attributi, mentre magari altri clandestini, e in numero maggiore, ogni giorno commettono delitti ben più gravi senza nessuna conseguenza, e si vedono « dimenticati » se non sostenuti da tanti, ministri inclusi. Dopodiché il potere mediatico, i « funzionari del senso », con la loro tradizionale ipocrisia lanciano i soliti slogan per « denunciare» non questo modo di fare politica con miserabili espedienti, ma il razzismo, il ritorno alla politica di Vichy, la “svolta” nazista del governo e cosí via. E subito vediamo vescovi, teologi, ecc. fare eco. E così denunciare i metodi violenti (cosa che in verità non sempre è senza fondamento, visto il pericolo di un "’effetto Rambo" sulla pubblica opinione), proclamando il diritto assoluto di tutti i popoli ad entrare sul territorio altrui in nome dei diritti umani e di tanti altri concetti falsamente attributi alla dottrina cristiana (sarebbe più giusto attribuirgli ad Anacharsis Cloots e più tardi a Marc Sangnier).
2) Perché questo atteggiamento nella Chiesa di oggi ? Perché dal Vaticano II in poi si è avuta la sostituzione della dottrina tradizionale del bene comune (dottrina filosofica, cioè della giustizia, sulla quale poggia la carità e del governo politico come atto della virtù di prudenza, che cerca di realizzare al meglio giustizia e carità in una comunità definita) con una visione utopistica del bene comune definito come insieme di condizioni esterne per assicurare ad ogni individuo (si dice piuttosto : ad ogni persona) le massime o comunque migliori condizioni per lo sviluppo.
Se i diritti umani individuali diventano la norma suprema, allora niente può opporsi (in ultima analisi) alla loro invocazione. Il buonismo si fonda su una visione spacciata per caritatevole, che invece ignora la giustizia. Oppure su un soprannaturale, che in realtà ignora la natura.

Bernard Dumont

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