giovedì 8 luglio 2010


Il libro della settimana: Augusto Del Noce, Il problema dell'ateismo, il Mulino 201o,  pp. LIV-588, euro 22,00. 

https://www.mulino.it/isbn/9788815134127

A venti anni di distanza dalla quarta edizione, torna in libreria Il problema dell’ateismo di Augusto del Noce (il Mulino, pp. LIV-588, euro 22,00 ). Libro ricco e ragionato, ma che giustamente martella su una sola tesi fondo: la filosofia moderna, di cui il razionalismo è l’anima profonda, si muove fin dall’inizio nel cono d’ombra dell’ateismo.
La nuova edizione (la prima è del 1964) ripropone la nitida prefazione di Nicola Matteucci, nonché una postfazione, nuova di zecca, di Massimo Cacciari, sulla quale poi torneremo.
Siamo davanti a un pensiero forte. Leggere e metabolizzare Il problema dell’ateismo significa poter disporre di un potente e affilato bisturi, soprattutto per il credente. Per farla breve, è una lettura “di parte”, ma di altissimo livello filosofico, che non si consiglia ad agnostici e gnostici.
Del Noce è chiarissimo: il rifiuto razionalista della predisposizione dell’uomo al peccato (e dunque del Peccato Originale) è sfociato inevitabilmente, come ogni perfettismo, nell’ateismo politico di Marx, in quello tragico di Nietzsche, nonché nell’ateismo “postulatorio”, già presente nel libertinismo francese del Seicento. Dove l’ateo non chiede più al devoto di fornire prove sull’ esistenza di Dio. Dal momento che “postula” la questione chiusa per sempre, perché l’uomo, a suo avviso, proviene dal nulla e torna nel nulla.
Scrive Del Noce:

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“L’ateismo è il termine conclusivo a cui deve necessariamente pervenire il razionalismo al punto estremo della sua coerenza, che è anche il punto della sua crisi: del trapasso, cioè, dal razionalismo metafisico al razionalismo scettico o al razionalismo storicista o all’irrazionalismo (posizione di pensiero, quest’ultima di cui non si può ravvisare l’iniziatore in altri che in Nietzsche). Di qui le sue tre forme essenziali e irriducibili, l’ateismo negativo o nichilistico, l’ateismo positivo o politico, l’ateismo tragico che ha per conclusione la ‘ follia filosofica’ (…) inaccessibile agli psichiatri, che quindi sembra esigere un oltrepassamento (ma dove? è l’annuncio del nichilismo totale, come suicidio morale o cosmico? o può venire oltrepassato in una forma di ateismo positivo? o invece è l’annuncio di un nuovo Dio, o di un rinnovamento della vita religiosa? sono, è noto, i problemi classici della critica nietzscheana”). (pp. 14-15).
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E’ perciò evidente come per Del Noce la crisi del nostro tempo, apertasi come in Benedetto Croce, con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, sia essenzialmente religiosa. E come, aggravandola, si sia invece cercato di colmare il vuoto spirituale puntando su ingannevoli e pericolosi “idola”: la rivoluzione, il nazionalismo, la razza, la guerra, la società opulenta.
Cacciari, nella sua post-fazione, come dice l’etimo, “parla dopo”. E chi parla dopo, dovrebbe sempre far tesoro di quel che viene “detto prima”. Invece l’ex sindaco di Venezia parte subito per la tangente, rimproverando a Del Noce di non essersi occupato dell’ateismo antico, in un libro - si badi bene - dedicato in modo programmatico allo studio dell’ateismo "dopo" il cristianesimo. Poi si inerpica come lui stesso ammette, nell’ improbabile parallelo, ovviamente a sfavore del primo, tra Del Noce (“il problema dell’ateismo”) e Kojéve (“l’ateismo come problema”). Si perde infine per gli angusti sentieri di quell’ “oltrepassamento” dell’ateismo visto da Del Noce come necessario recupero dell’idea cristiana di trascendenza. Ma in che modo? Il filosofo veneziano si arrampica a grandi balzi sull’impervia parete del pensiero negativo, di cui è specialista, rivelandosi però più interessato alla “libertà” che alla “salvezza”, fino al punto di confondere la trascendenza cristiana con l’idea di destino. Evidentemente Cacciari ama le trombe dell’ Apocalisse, ma disdegna la Risurrezione e il Giudizio Finale.
Concludendo, Il problema dell'ateismo resta un libro fondamentale. E bene ha fatto il Mulino a riproporlo. Complimenti. Quanto alla postfazione di Cacciari, si può fare a meno di leggerla. All' ex sindaco-filosofo si potrebbe estendere il giudizio che Hans Morgenthau dette di Carl Schmitt: "Un gesuita che non crede più in Dio". Ma con una variante, non secondaria: Cacciari, in realtà, non ha mai creduto in Dio...


Carlo Gambescia
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