giovedì 25 marzo 2010

Il libro della settimana: Loris Zanatta,  Eva Perón. Una biografia politica Rubbettino, Soveria Mannelli 2009, pp. 336, euro 19,00.

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Potere carismatico o potere razionale? O entrambi? Queste sono le giuste domande che ci si deve porre quando si affronta la biografia di Eva Perón. Magari approfondendole alla luce della storia sociale argentina. E, in particolare, di quel decennio 1943-1952, che abbraccia la parabola politica di Eva, compagna di Juan Domingo Perón e anima nazional-cattolica e sociale del peronismo.

Quesiti con i quali si cimenta Loris Zanatta, storico dell’America Latina e studioso del peronismo, con il suo Eva Perón. Una biografia politica (Rubbettino, Soveria Mannelli 2009, pp. 336, euro 19,00).
Innanzitutto, perché una biografia politica? Per la semplice ragione che l’autore, docente all’Università di Bologna, si occupa del decennio politicamente caldissimo di cui sopra, trascurando il periodo precedente della vita di Eva, nata nel 1919.
Ne emerge un quadro biografico particolare, dove ragione e passione, razionalità del potere e carisma parareligioso si intrecciano: da un lato l’edificazione, quasi miracolosa, di grandi opere sociali, dall’altro la fredda gestione di un potere personale. Sullo sfondo di una società in “transizione verso la modernità”, per usare una terminologia cara Gino Germani, insigne studioso della modernizzazione argentina
Il tornado Evita si muove in un contesto antico e moderno, al tempo stesso bisognoso di carisma e riforme. Un mondo, tuttora in bilico tra passato e presente, sul quale nessun altro politico in seguito riuscirà a incidere con lo stesso vigore, soprattutto sul piano del welfare.
Probabilmente nuoce alla pur densa sintesi di Zanatta, certo illuminismo morale di fondo. Scrive, infatti, l’autore:

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“Di certo Eva ‘fece del bene’: tanti, se non tutti, lo riconobbero; perfino tra i suoi avversari. Proprio a ciò, d’altronde, dovette la sua immensa popolarità e deve oggi il ruolo che occupa nella storia: Come però recita il celebre aforisma di Denis Diderot, ‘non basta fare il bene, ma bisogna farlo bene’. Poiché il bene fatto male può risultare nocivo. E proprio questa - conclude Zanatta - in sintesi è la porta d’ingresso alla biografia politica di Eva”.

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Il che in linea di principio può essere vero. Però, l’ idea del “bene fatto male”, almeno in questa occasione, crediamo finisca per influire sull’economia del lavoro, e non bene. Perché, ad esempio, si registra l’assenza di qualsiasi dato quantitativo su un welfare carismatico e patrimoniale, ma edificato a passi forzati e in un contesto socialmente retrivo dalla ventenne Eva Perón. Insomma, qualche statistica sociale, sul prima e dopo il tornado Evita, avrebbe contribuito a quantificare - e verificare - in quale proporzione, anche minima, il “bene”, di cui sopra, venne “fatto male”. Anche ammessa la difficile reperibilità delle fonti, qualcosa di più forse si poteva fare.
Ma c’è un altro aspetto che lascia perplessi. L’autore dà per scontato che il populismo “ossia l’idea di popolo come comunità organica”, incarnato da Eva, “sia il vero humus comune ai regimi fascisti e a quelli comunisti, l’invisibile ma potente trait d’union che li ha spesso fatti sembrare così affini”.  Il che è vero, ma fino a un certo punto. Come, infatti, ha mostrato Gino Germani, la differenza tra peronismo e fascismo resta nel fatto che il fascismo è una risposta alla mobilitazione delle classi medie che impone la smobilitazione della classe operaia, mentre il peronismo è una risposta alla mobilitazione delle classi popolari entrate nel vortice delle modernizzazione. Una distinzione, sembra, non tenuta in adeguata considerazione da Zanatta. Il quale pare ricondurre il peronismo - inclusa sopratutto la figura di Eva - nell’alveo del comunismo di destra o del fascismo sinistra. Dopo però essersi diffuso sulla natura nazional-cattolica della dottrina politico-sociale di Eva Peron… Quanto di più lontano dal nazi-fascismo e dal comunismo sovietico. Insomma i conti non tornano.
In conclusione, una biografia interessante, ben scritta, ma da leggere cum grano salis

Carlo Gambescia

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