venerdì 19 marzo 2010

Burqa sì, burqa no 
That is the question...


.
Calma e gesso. In Francia, dove vogliono vietarli, sembra che siano meno di duemila le donne che indossano il burqa (velo integrale) o il niqab (velo che lascia scoperti solo gli occhi). Perciò in Italia, con una percentuale di immigrati islamici molto inferiore, le “signore” interessate, saranno anche di meno.
Resta però la questione di principio: il burqa e il niqab sono compatibili con i valori francesi e italiani? E’ giusto permettere che si ci vesta come si desideri o esiste uno “stile” da imporre ai “diversi" in nome dell’ ”identità nazionale”? Si può negare la cittadinanza, come sembra accadere in Francia, al marito che imponga alla moglie il burqa?
In Italia, per quanto ci risulta, esistono tre proposte di legge (Lega, Pdl, Udc) che puntano alla sua eliminazione, e una (Pd) che cerca di conciliare la questione della sicurezza con le motivazioni religiose e culturali, al fine di consentirne l’uso pubblico.
Ma il bello è che quest’ultima proposta sembra non piacere agli stessi islamici. Come commenta Gamal Bouchaib, presidente del Movimento dei Musulmani Moderati, “ i deputati del Pd stanno compiendo un massacro dei diritti della donna”. Inoltre “la proposta presentata - prosegue Bouchaib - consentirebbe di girare con il burqa, a volto coperto, lasciando alle autorità la discrezione di identificare eventualmente chi si cela sotto quella prigione, snaturando la ratio della legge antiterrorismo del 1975”. In buona sostanza “questa iniziativa dei deputati di una certa sinistra” sarebbe “un atto di inaudita gravità: così si lede la dignità umana, l’essere donna, si giustificano i soprusi e le violenze che subiscono tante mogli e figlie di integralisti islamici”.
Ma non finisce qui. Anche il Segretario generale della Confederazione dei Marocchini in Italia, Mustapha Mansouri, membro del Comitato per l’Islam del ministero degli Interni, interviene sulla questione: “La religione non c’entra niente, il burqa è un usanza solo di alcune comunità afgane e talebane, il Corano non parla di burqa come precetto islamico. In Italia stiamo dando voce e spazio a iniziative integraliste pericolose anche per il rischio terrorismo”.
Critiche, infine, anche da Saber Mounia, portavoce di Acmid-Donna Onlus: “Non accetteremo e non permetteremo invasioni nella sfera dei diritti umani. Invece di occuparsi di immigrazione, il Pd vuole metterci il burqa”.
Che dire? Che come al solito la sinistra cade in contraddizione: da un parte proclama i diritti della donna, dall’altra vuole imporre il burqa. Va però respinto anche il divieto assoluto voluto dalla Lega. Perché le donne islamiche, una volta private per legge del burqa , sarebbero indotte da padri a mariti a restare chiuse in casa.
Tuttavia, quel che vogliamo dire, è che non sono soltanto in gioco la libertà religiosa, il multiculturalismo (spesso “alla amatriciana”, come quello di Fare Futuro) o l’identità nazionale o nordista invocata da PdL e Lega, ma soprattutto la libertà di scelta. E di una donna, che non va considerata come “manichino” da vestire o spogliare secondo i desideri di mariti e padri.
Pertanto, invece di vietare o obbligare, perché non lasciare la libertà di burqa o niqab alla donna, condizionandola però alla sua effettiva manifestazione di farne uso? Una volontà da verificare, attraverso appositi consultori pubblici, per così dire, “sul costume”? Già esiste, presso molti comuni, la figura del mediatore culturale. Si dovrebbe solo affiancarvi un assistente sociale e al massimo uno psicologo. I quali, riuniti in commissione, su richiesta delle interessate, dovrebbero deliberare.
Il problema, ripetiamo, non è vietare o imporre l’uso di un velo, ma rispettare la libertà dei singoli. Che, è bene non dimenticarlo, resta valore tipicamente occidentale. Un principio che spesso determina la differenza, e in meglio, con le altre tradizioni. Perché, allora, non valorizzarlo? 


Carlo Gambescia

Nessun commento:

Posta un commento