martedì 9 febbraio 2010

I giovani e politica 

Un rapporto complicato


 Sono i giovani che non capiscono la politica o è la politica che non capisce i giovani? La domanda, un po’ alla Marzullo, in realtà è seria. Perché, nonostante sia scontato dirlo, i giovani sono il nostro futuro. Ma prima di rispondere al quesito, ricordiamo i dati forniti dall’Istituto Iard Rps (“Valori e fiducia tra i giovani italiani”, 2007, p. 21, tab. 1.2, pdf. - http://www.istitutoiard.it/intro.asp ): il massimo centro italiano di analisi e osservazione della condizione giovanile.
Sintetizzando rozzamente: tra i quindici e i ventiquattro anni 8 giovani su 10 pongono in cima alla scala dei valori la famiglia e l’ amicizia; 6 su 10 lavoro e tempo libero; 4 su 10 solidarietà e interessi culturali; 3 su 10 il fare carriera; 2 su 10 l’impegno sociale. E solo 1 su 10 la politica Un dato, quest’ultimo, che si è mantenuto stabile dall’inizio degli anni Ottanta ad oggi. Insomma la politica, di sicuro, non è amata dai giovani. Mentre famiglia, amicizia, lavoro e tempo libero sono valori fondamentali e condivisi. Perché, in particolare i primi due, sono sentiti più vicini, e perciò capiti e amati.
E la politica? Diciamo che si interessa ai giovani, ma probabilmente non li ama, forse perché non li capisce. O non vuole capirli. Cerchiamo di spiegare perché.
Innanzitutto, va rilevata la grande distanza che intercorre tra i tempi della politica e quelli dei giovani. Si pensi solo alla rivoluzione internet degli ultimi trent’anni. Oggi un quindicenne, sa tutto su come navigare e informarsi in Rete, mentre il nostro Parlamento continua ad azzuffarsi su riforme scolastiche che rischiano di essere varati già vecchie… Oppure, al contrario, come continua ad accadere per le università, si accelera il cambiamento dell’ordine degli studi, oltre il lecito, moltiplicando in realtà cattedre e moduli. Fino al punto di provocare disorientamento tra gli studenti. I quali, di conseguenza, non possono né potranno nutrire alcuna riconoscenza verso la classe politica…
Non va neppure trascurata l’immagine che la politica continua a veicolare di se stessa. Segnata da risse mediatizzate, scandali, gossip, eccetera. Un profilo talmente basso da non facilitare l’avvicinamento dei giovani alla politica, vista di riflesso come qualcosa di poco pulito.
Indubbiamente, la causa fondamentale della disaffezione giovanile (che oppone alla politica, gli amici, la famiglia e un lavoro che tra l’altro non si trova…), è nel clima individualistico che sembra aver segnato l’ultimo venticinquennio. Cosa del resto comprovata dal rilevante interesse dei ragazzi per il “tempo libero”. Che però - attenzione - in 2 giovani su 10, lascia la porta aperta all’impegno in attività di volontariato. Pertanto il temuto “ritorno dell’individualismo”, potrebbe tramutarsi anche in forme di solidarietà concreta verso gli altri. Comportamenti, per ora minoritari, ma avvertiti come più gratificanti rispetto all’impegno politico.
Il che non sarebbe un male. Dal momento che la maggiore attenzione sociale verso l’altro, può essere spiegata anche attraverso il valore elevato che i giovani attribuiscono all’amicizia. Probabilmente il volontariato sociale viene inteso dai ragazzi come una positiva e progressiva estensione della sfera amicale.
E qui la politica, invece di imporre decisioni fuori tempo massimo e spesso punitive nei riguardi dei giovani, dovrebbe favorirne l’inserimento nel mondo dell’assistenza sociale, dove molti ragazzi potrebbero così coniugare impegno sociale e lavoro: valori e interessi.
Mentre, come abbiamo detto, la continua e mutevole legiferazione su scuola e università va nella direzione opposta. Infatti, se per un verso è giustificato ricercare un collegamento tra giovani e lavoro, per l’altro è sbagliato, pretendere di farlo, ignorando i valori in cui i ragazzi credono.
Il che conferma, concludendo, che non sono i giovani a capire la politica, ma la politica a non capire i giovani.

Carlo Gambescia

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