martedì 23 febbraio 2010


Cattolici in fuga, Pd in crisi


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Se Del Noce fosse ancora qui, non si stupirebbe della deriva radicale del Pd postcomunista: opera disarmonica di Veltroni, abilissimo nello smantellare il moralismo cattocomunista del vecchio Pci berlingueriano. Ma non nel costruire: il Kennedy postcomunista ha solo favorito quel che Del Noce chiamava il suicidio di una rivoluzione, annegata tra i flutti del libertarismo di massa.
Del Noce si meraviglierebbe invece di un’altra cosa. Della capacità di resistenza - durata un quindicennio - dei cattolici di sinistra all’interno di un’alleanza, e poi di un partito, con spiccate simpatie, magari a giorni alterni, zapateriste.
Un’alleanza di centrosinistra che proveniva da lontano. Perché affondava le radici in quell’unità antifascista cattocomunista, rivendicata nell’immediato dopoguerra, poi messa in soffitta negli anni Cinquanta, ma riaffacciatasi dopo i fatti di Genova 1960, e definitivamente messa fuori corso dal Berlusconi astuto affabulatore degli ex missini. Anche perché il collante antiberlusconismo - come mostra tuttora la civetteria Udc - sembra non funzionare bene come l’ antifascismo. Sono cose, insomma, che spiegano l’uscita dal Pd della Binetti & Co.
Perciò, Bersani, sembra non aver capito che i tempi sono cambiati, quando in risposta al direttore di “Avvenire”, Marco Tarquinio, recita il mantra delle “culture del Pd che non possono vivere da separate in casa”. Come dire: o fusione, anche di idee e valori, o ciascuno a casa sua… Bersani crede ancora nel modello solidale emiliano, ossia che basti un fischio per far accorrere i cattolici di sinistra, come ai bei tempi dell’antifascismo.
Il leader democratico difende il sostegno a Emma Bonino, asserendo di non trovare “giusto negare in premessa ad una personalità come Emma Bonino, senatrice eletta nelle nostre liste, la capacità di interpretare l’insieme di un programma di coalizione”. E qui viene il bello. Perché per il direttore di “Avvenire”, il programma dell’esponente Pd-Radicale è “incompatibile con altri e in ogni caso certamente affinato con aperta e spesso aspra ostilità verso la visione cristiana della vita e dei rapporti sociali”. Più chiaro di così.
La fuga dei cattolici dal Pd prova due cose.
Intanto, come, nonostante il voto di scambio, i valori continuino a contare più degli interessi: parliamo delle culture, a sfondo, cattolico o laico, che tuttora permeano i due principali membri dell’alleanza di centrosinistra. E che - seconda cosa - dalla rottura politica rischia di nascere un polo di centro a orientamento cattolico. Ben visto anche dalla Chiesa. Che però, per ora, sembra favorire, come ad esempio nel Lazio, il candidato del centrodestra, appoggiato anche dell’Udc. Insomma, la Chiesa, se ci passa la metafora un po’ così, da sempre contraria all’aborto, si prepara una via di fuga a destra, nel caso, per così dire, di aborto spontaneo. Del centro postdemocristiano…
Situazione in movimento, e perciò confusa. Un dato però resta fermo: quello della critica dei cattolici impegnati in politica a ciò che il direttore di “Avvenire” ha definito “l’incredibile pretesa della superabortista e iperliberista candidata a governatore del Lazio di ‘rappresentare’ “, a livello di programma, “addirittura i valori cattolici”. Quando, conclude Tarquini “il nome e la storia di Emma Bonino ‘sono’ un programma”…
Parole dure e chiare. Che non promettono elettoralmente nulla di buono. Forse siamo davanti a una scelta, quella di fare per ora a meno dei cattolici, che il partito di Bersani rischia di pagare in modo salato, soprattutto nel Lazio.
Ma qui sorge un altro problema. Un Pd, ormai su posizioni libertarie, avrà la forza di tornare indietro a recuperare i cattolici? Molto dipenderà dall’esito delle elezioni regionali. Una sconfitta potrebbe provocare un ripensamento. Ma i cattolici saranno ancora disponibili? Anche con l’ Udc in crescita e il centrodestra vincente?

Carlo Gambescia

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