lunedì 8 giugno 2009

Elezioni europee 2009 

Qualche riflessione a caldo.
La marcia di Berlusconi si è arrestata(http://www.ansa.it/opencms/export/site/visualizza_fdg.html_987710245.html ) , ma non è il caso di gioire, perché nel resto dell’Europa, e come vederemo anche in Italia, la destra continua ad avanzare (http://www.ansa.it/opencms/export/site/visualizza_fdg.html_987680545.html ).
Anche perché la sinistra esce sconfitta dalla tornata elettorale, e non solo in Italia. Appunto perché non è riuscita a intercettare il partito del non voto, mai numeroso come in queste elezioni. Ad esempio, in Italia, il successo di Di Pietro è frutto del dissanguamento del Pd in favore del partito dell'ex magistrato. E lo stesso si può dire a proposito della crescita dei Verdi francesi, per nulla estremisti sul piano economico, a spese dei socialisti e del voto post-comunista.
In generale il quadro politico post-europee, indica la sfiducia degli elettori europei, dove governava, per la sinistra. E questo ci sembra un primo elemento significativo. Al quale va aggiunto il dato sulla bassissima affluenza elettorale. Che denota stanchezza e sfiducia nelle istituzioni politiche rappresentative. E speriamo non nella democrazia in quanto tale.
Quanto all' Italia la crescita della Lega e il successo dell’Italia dei Valori indicano che un diciotto/venti per cento dell’elettorato (votante) è su brutali posizioni law and order . Un voto che può essere sommato al trentacinque per cento del Pdl, partito altrettanto prigioniero di pulsioni autoritarie .
Il che significa che il cuore di un italiano su due, tra coloro che hanno votato, batte a destra. Mentre sul partito del non voto, si può soltanto dire, che resta difficile individuare al suo interno la linea di confine tra occasionale stanchezza e ingiustificato disprezzo per la democrazia... Si spera - ripetiamo - sia solo momentanea stanchezza.
In questo senso, al di là della battuta di arresto del PdL, anche l’Italia si è spostata ancora di più a destra, come il resto d’Europa.
Pertanto c'è poco da festeggiare.

Carlo Gambescia 

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