venerdì 8 maggio 2009

Riflessioni
I migranti respinti in Libia





“Chiamato in causa, il ministro dell'Interno parla di ’polemiche infondate’ e liquida le critiche con poche battute. ’I migranti soccorsi a largo di Lampedusa - ha osservato - non sono arrivati sul territorio nazionale italiano, ma in Libia e lì ci sono le organizzazioni che potranno verificare se sono presenti richiedenti asilo. Siamo in linea con i trattati internazionali’. Quanto alla sorte dei 227 migranti, afferma, ‘ciò che succede in altri Paesi non può essere preoccupazione del Governo italiano, noi ci occupiamo di chi arriva qui’ ” (http://www.ansa.it/opencms/export/site/visualizza_fdg.html_959145331.html)
.

La risposta di Maroni, che non condividiamo, va però ben oltre la questione immigrazione e le polemiche destra-sinistra. Per quale ragione? Perché ripropone, e in modo radicale, un dilemma metapolitico fondamentale. Quale? Come conciliare etica e politica? Come conciliare l' imperativo etico che prescrive di aiutare chiunque sia in difficoltà, con il condizionalismo politico che subordina l'aiuto alla reperibilità e impiego di risorse scarse?
Certo, si può rispondere come Maroni: contrapponendo alla solidarietà universale quella comunitaria (“‘ciò che succede in altri Paesi non può essere preoccupazione del Governo italiano, noi ci occupiamo di chi arriva qui’ ”)… Ma è giusto eticamente? No.
Tuttavia qui si apre subito un’altra questione. La politica deve o può essere etica? E se deve esserlo, una decisione politica, che come detto si lega alla questione "condizionale" delle risorse scarse, fino a che punto può essere eticamente fondata?
Ferma restando la questione delle risorse scarse (che potrebbe essere risolta secondo alcuni fuoriuscendo dal capitalismo, il che però apre altre scenari ipotetici, tutti ancora da discutere…), riteniamo che in democrazia la politica possa seguire i sentieri dell' etica fin quando i cittadini lo consentano, democraticamente, con il loro voto. "Consentano", perché resta una controindicazione: una democrazia, a colpi di maggioranza, potrebbe approvare leggi (politiche) “anti-etiche”, trasformando il Può in Deve... Il che per una dittatura rischia di essere ancora più facile…
Tuttavia le soluzioni “anti-etiche”, come sostengono alcuni, potrebbero essere evitate educando eticamente i cittadini. Ma come? Ad esempio, facendo studiare a scuola l’etica dei diritti e della solidarietà universale? E che fare con i renitenti? Con difensori un’etica comunitaria nonostante tutto? Li si potrebbe mettere in prigione… In appositi campi, magari in "Centri di Accoglienza Per i Nemici dei Diritti Universali dell'Uomo"… Come si fa adesso con i migranti… Perché no?
Ecco, abbiamo usato un paradosso, per mostrare come alle tesi non eticamente condivisibili del Ministro Maroni, non sia possibile dare riposte facili. Soprattutto qualora si cerchi di trovare una terza via eticamente e politicamente accettabile, tra le frontiere ermeticamente chiuse e un solidarismo universale che presuppone risorse infinite e, altro aspetto da non sottovalutare, una non sempre facile omologabilità culturale. Perché è bene ricordare che spesso il migrante è portatore di una cultura comunitaria, poco conciliabile con certa etica universalista che caratterizza numerosi settori della società occidentale.


Ma qui ci fermiamo, sicuri di aver offerto agli amici lettori sufficienti materiali di riflessione critica.
Carlo Gambescia 

Nessun commento:

Posta un commento