lunedì 11 maggio 2009

Quando la realtà supera la fantasia...
Videostupri?  No grazie


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Non diciamo nulla di nuovo affermando che la realtà spesso supera la fantasia. Infatti, come riferisce AdnKronos ( http://www.adnkronos.com/IGN/CyberNews/?id=3.0.3287603348  ) rischia di uscire anche in Italia il videogame giapponese dove vince chi stupra di più. Sembra incredibile in tempi di campagne sociali per contrastare la violenza contro le donne… Eppure è così. Purtroppo.
Ma prima i fatti. Il videogioco si chiama RapeLay’(rape: stupro, replay: ripetuto). E' nato nel 2006 e le sue immagini rinviano ai personaggi dei fumetti Manga. Fin qui tutto normale o quasi. Se non che il protagonista è un maniaco che in una stazione ferroviaria “punta” una famiglia, per dirla in sociologhese, monogenitoriale, composta di madre e due figlie. Donne tutte sole, che lui segue sul treno per usare loro violenza.
Esiste anche una versione, per più esperti, conosciuta come “modalita freeform”, che permette al personaggio controllato dal giocatore di agguantare qualsiasi donna incontrata durante la storia. E, quel che è peggio, di incitare altri attori-personaggi allo stupro di gruppo.
Ma quel che lascia basiti è il realismo: il giocatore sperimenta lo stupro a trecentosessanta gradi. Nulla gli viene risparmiato: pianti, lamenti, suppliche. Vince chi riesce a costringere le vittime ad abortire, per evitarne la vendetta. Un "regolamento di conti", che in termini di violenza, non è da meno di quella subita dalle donne: lo stupratore, se messo in fuga, rischia infatti di finire sotto le rotaie del treno. Il gioco è stato vietato in Spagna, Germania, America e Gran Bretagna, ma resta tuttora scaricabile da Internet.
Che dire?
In primo luogo, si deve distinguere tra violenza rappresentata e violenza reale. I due aspetti non possono essere meccanicamente correlati. Non è dimostrato che chi veda un film violento oppure passi ore davanti a videogames truculenti, poi metta in pratica… Ma non è neppure dimostrato che la violenza sublimata (attraverso i videogiochi, appunto) restringa la sfera della violenza praticata. Fermo restando il fatto che su personalità a rischio, benché si tratti di casi statisticamente poco rilevanti, è sempre possibile il passaggio, per così dire, dalla teoria all’atto.
In secondo luogo, va però rilevato, senza mezzi termini, che videogiochi come RapeLay sono moralmente ripugnanti. E non giustificabili. E per una semplice ragione. Il problema della violenza sulle donne non è una delle tante leggende metropolitane, esiste. Secondo un' indagine Istat, presentata nel 2007 (http://www.istat.it/salastampa/comunicati/non_calendario/20070221_00/
 ) sono stimate in 6 milioni 743 mila le donne da 16 a 70 anni vittime di violenza fisica o sessuale nel corso della vita (il 31,9% della classe di età considerata). 5 milioni di donne hanno subito violenze sessuali(23,7%), 3 milioni 961 mila violenze fisiche (18,8%). Circa 1 milione di donne ha subito stupri o tentati stupri (4,8%).
Le cifre parlano da sole. E si corre veramente il rischio di offendere le vittime. Perciò si tratta di una questione, prima ancora che sociologica, morale. Al danno non si può aggiungere anche la beffa: RapeLay va proibito. Punto e basta.

Carlo Gambescia 

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