mercoledì 15 aprile 2009


Ecco di cosa si preoccupano i politici
Ma il terremotato 
è per il  proporzionale o per il maggioritario?  


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Voltastomaco. L’espressione è forte ma giustificata. E da che cosa? Dal comportamento ipocrita di tutte la forze politiche a proposito del referendum abrogativo promosso dal professor Guzzetta. Che, in buona sostanza, se vincesse darebbe il colpo di grazia definitivo al proporzionalismo in Italia.
Pertanto la posta in gioco è il concetto di proporzionalismo. Che la Lega e i piccoli partiti di destra e sinistra difendono. A differenza dei grandi partiti, dal Pdl al Pd, che non attendono altro per liberarsi, come spesso si legge, "dagli assurdi veti in Parlamento" dei gruppi politici minori.
Ma sotto c' è dell'altro. Gli studi di teoria del ciclo elettorale mostrano, che anche in questo caso, il voto accorpato rischia di favorire la vittoria degli antiproporzionalisti, perché più politico, mentre il voto su una sola data, non politico, di aiutare i proporzionalisti. Pare che nelle ultime ore stia invece prevalendo la data del 21 giugno, frutto del solito compromesso. Per accontentare la Lega il referendum verrebbe accorpato ai ballottaggi delle amministrative. Come dire un voto "mezzo politico"...
Ora, il nostro voltastomaco nasce dal fatto che tutti i partiti invece di sposare pubblicamente la causa prepolitica del proporzionalismo o dell’antiproporzionalismo, e quindi assumere una posizione tesa a difendere o meno la libertà di tutti, abbiano invece preferito tirare in ballo questione dell’accorpamento perché “fonte di risparmio per tutta la comunità”. Ricorrendo in modo opportunistico alla necessità di destinare risorse ai terremotati abruzzesi. E giocando, in buona sostanza, sul tema antipolitico per eccellenza della lotta agli sprechi. Frutto, quest'ultimo, di una vergognosa e strumentale campagna di stampa. Una guerra qualunquistica alla democrazia rappresentativa, "perché costosa", che prima o poi finiremo per pagare tutti. E in che modo? Con l’arrivo al potere di qualche "buon tiranno" (altro che Berlusconi o Prodi…), capace di “liberarci dalle caste”… Una volta e per sempre. Ma a un prezzo altissimo: quello della libertà. Mai scherzare con il fuoco dell'antidemocrazia.
In realtà, lo strumento del referendum, proprio per la sua qualità profondamente democratica (nel senso che riguarda tutti i cittadini a prescindere dalla scelta politica), non può non rappresentare una storia a sé. E di conseguenza il popolo deve essere chiamato al voto referendario solo per esprimersi in merito ad esso. Qualsiasi tentativo, come sta avvenendo, di confondere le acque attraverso accorpamenti del referendum alle elezioni politiche e/o amministrative, magari invocando ragioni economiche, può risolversi soltanto in una vera e propria truffa politica nei riguardi degli elettori.
Perché la scelta politica e/o amministrativa finirebbe per guidare la mano dell’elettore: spinto a votare, su un tema prepolitico, come quello della rappresentabilità e della rappresentanza della minoranze (tutte le minoranze, attenzione), sulla base di scelte neppure politiche (e dunque già di parte) ma addirittura economiciste, come nel caso della strombazzata lotta alle caste, oggi così di moda nei quartieri alti dell'economia.
In realtà, eliminare gli sprechi è una cosa, minare la democrazia un’altra. Anche perché sulla democrazia non si deve risparmiare: se ci si passa la caduta di stile, mai fare i conti della serva quando è in gioco la libertà di tutti.
Di qui, ripetiamo, il nostro voltastomaco.
Carlo Gambescia 

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