lunedì 16 marzo 2009

Attenti a quei due 


Un Paese al capolinea

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L’allarme sulla crisi lanciato da Emma Marcegaglia (“Servono soldi veri”) e i suggerimenti del governatore Draghi( “Servono misure aggressive”) non possono essere disattesi dal governo.
I numeri uno di Bankitalia e di Confindustria si sono rivolti direttamente al presidente del Consiglio: la situazione sta diventando insostenibile ed è giunto il momento di correre ai ripari con una politica economica forte e incisiva.
Ad essere cattivi si potrebbe dire che siamo alle solite. Questi imprenditori e banchieri, prima fanno scappare i buoi, e poi chiedono aiuto alla politica per chiudere la porta della stalla.
È vero che fino a questo momento di misure aggressive non sì è vista neppure l’ombra. Confindustria lancia il sasso nascondendo la mano di anni di mancati investimenti nell’innovazione tecnologica poco apprezzata dalla parti della Fiat e dintorni. Per non parlare di Draghi che vuole la botte piena (le mani libere sul credito) e il prefetto ubriaco ( che si guardi bene dal controllare il credito). Però la crisi c’è , e siamo in emergenza . “Servono interventi fermi, chiari e soprattutto soldi”.
Ora, come alcuni sostengono dal punto di vista sviluppista, l’azienda Italia deve rimettersi in moto : servono le riforme strutturali, tagli alla spesa improduttiva,dalla burocrazia, all’abolizione degli enti inutili e delle province.
Le imprese chiudono, i disoccupati aumentano, i consumi ristagnano. La politica deve svegliarsi.
“Siamo pronti a prendere qualsiasi azione si renda necessaria per rilanciare la crescita”, questo è anche l’impegno condiviso dai ministri dell’Economia e dai governatori dei Paesi più ricchi del mondo in occasione del G20. Noi speriamo che non sia soltanto uno slogan, loro si augurano che " 'a nuttata” passi da sola.
Anche perché, volendo uscire dal solito mantra sviluppista, si potrebbero proporre anche alcune riforme di sistema. Si pensi solo alla grande questione delle energie alternative. Ma l’esecutivo, neppure ci prova, visto che si è messo al collo una sveglia con su scritto nucleare-nucleare-nucleare…
In realtà questo governo non è sviluppista né desviluppista: è meno di nulla. A voler essere generosi un nulla strutturato, intorno ai problemi giudiziari di Berlusconi. L’esecutivo deve capire concretamente che l’emergenza è reale e ascoltare con attenzione e sensibilità le preoccupazioni che giungono dagli operatori del settore e dalle parti sociali. E soprattutto da quegli italiani preoccupati dal fatto che nei prossimi mesi potrebbero perdere il lavoro.
Il governo non deve sottovalutare la durezza della crisi. Certo, Confindustria e Bankitalia si sono rivolti a Berlusconi per battere cassa. Troppo comodo.
Ma è pure vero che il Paese sta soffrendo e che la politica deve fare il suo dovere, aprire gli occhi sulla recessione mettendo in cantiere una volta per tutte misure e riforme che diano credito e fiducia non solo alla cultura d’impresa, ma a quella che una volta, la cultura socialista di un Nenni e cattolico-sociale di un Giulio Pastore chiamavano la cultura del lavoro. Recepita da una Costituzione repubblicana, di cui invece oggi si rischia di fare strame. Una cultura del lavoro e della solidarietà, e ovviamente, “di governo”, senza la quale il Paese rischia di essere travolto.
Contro la crisi perciò servono i soldi veri e anche le buone idee imprenditoriali. Ma soprattutto la pratica di un riformismo vero. Repubblicano.
Questo è il problema.
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Carlo Gambescia 
(http://carlogambesciametapolitics2puntozero.blogspot.it/)


Nicola Vacca 

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