mercoledì 16 aprile 2008

Vittoria di Berlusconi

Nuovi conflitti sociali? 




Probabilmente deluderemo qualche lettore, ma per dirla brutalmente non ci aspettiamo dal governo Berlusconi alcuna rottura thatcheriana, capace di favorire, come alcuni temono o auspicano, il brusco trasferimento della lotta politica dalle aule parlamentari alle “piazze”. E per almeno due ragioni.
In primo luogo, l' imprenditore-Berlusconi resta soprattutto un uomo d'affari. E perciò anche in politica appare naturalmente portato alla mediazione. Eccetto, come accaduto nei precedenti cinque anni di governo, quando sono in gioco i suoi interessi personali: televisioni e inchieste giudiziarie. Tuttavia sono questioni marginali, rispetto ad altre tematiche, suscettibili, almeno in teoria, di innescare conflitti sociali, come ad esempio le normative sulle pensioni, sul lavoro flessibile, sul trattamento dei disoccupati. E qui a riprova della “moderazione” berlusconiana, basti ricordare le ricorrenti critiche dei professori neo-liberisti del Corriere della Sera. Sempre pronti ad accusarlo, fin da quando era a capo del suo secondo governo, di fare "inutili compromessi sindacali". Ultime, in ordine di tempo, le reprimende sull'idea di una cordata nazionale pro-Alitalia e salva-posti di lavoro, avanzata proprio dal Cavaliere.
In secondo luogo, il politico-Berlusconi “vuole durare” a ogni costo perché motivato da grandissima vanità personale (“Passare alla storia”). Ma anche per ragioni prosaiche, come quella di tenere sotto controllo (“politicamente”) i propri lucrosi affari. Di qui la sua probabile accettazione di utili compromessi sociali, appunto per evitare la moltiplicazione dei nemici (regola molto importante in politica). E così durare il più a lungo possibile. Parliamo di una tolleranza, certo “pelosa”, legata alla possibile e temuta recrudescenza della crisi economica mondiale. I cui effetti negativi, qualora non venissero socialmente gestiti, potrebbero mettere in discussione la “durata” e la “credibilità storica” del politico-Berlusconi. E lui ne è perfettamente consapevole. E perciò farà il possibile per rimanere a galla.
In terzo luogo, la Lega e Alleanza Nazionale non sono assolutamente forze neo-liberiste. Inoltre, al di là delle ricorrenti e bellicose dichiarazioni, soprattutto della Lega, hanno entrambe troppo da perdere, in termini di rendite politiche acquisite, da un' improvvisa caduta del governo di centrodestra. Infine, non è neo-liberista neppure Tremonti, che rappresenta, secondo alcuni osservatori, la “mente economica” del centrodestra. Paradossalmente era ed è più neo-liberista Veltroni.
Di conseguenza le eventuali fonti di conflitto, e di riflesso la possibile mobilitazione della piazza - da alcuni temuta, da altri auspicata - restano legate agli alti e bassi delle vicende personali del Cavaliere (televisioni e inchieste giudiziarie). Questioni, che però, a parte alcune eroiche minoranze morali, sembrano fino ad oggi non aver interessato più di tanto la massa moralmente amorfa degli italiani. Tesa, soprattutto, a difendere un tenore di vita, più o meno decente, conseguito "faticosamente" nell'ultimo mezzo secolo, come spesso si sente dire. E questo atteggiamento, per alcuni egoistico, sembra prevalere collettivamente anche a scapito della soluzione di questioni importanti come quella ambientale. Si pensi solo al problema delle discariche: tutti vogliono consumare in misura crescente, disinteressandosi delle attività di eliminazione dei rifiuti, ovviamente fin quando queste operazioni avvengono a distanza dai luoghi in cui si vive... Perciò anche le "battaglie ecologiste", quando entra in scena egoismo sociale, rischiano di perdere senso civico e valore autenticamente mobilitante. E su questi egoismi concorrenti, non solo nell'ambito dell'eliminazione dei rifiuti, la politica nuclearista del Cavaliere potrebbe avere buon gioco, soprattutto se mascherata come scelta sicura ed economica.
Veniamo alla politica estera. Che tuttavia ha cessato da un pezzo (almeno dalla Caduta del Muro) di infiammare (e sul serio) le piazze italiane. Berlusconi, una volta che sarà venuto meno il rapporto personale con l’amico presidente-petroliere Bush, già prossimo alla fine dell'incarico, non scorgendo alcun tornaconto relazionale-personale, si guarderà bene, se non a parole, di continuare a inviare truppe all'estero a sostegno delle guerre Usa, per smorzare possibili focolai di contestazione sociale in Italia.
Permane il problema immigrazione. Sul quale, purtroppo, a parte le solite minoranze illuminate, gli italiani, stando agli umori in circolo, sembrano disposti ad accettare una replica, probabilmente ancora più dura, della Bossi-Fini.
Più controversa, infine, la questione della lotta alla criminalità. Si tratta di una zona grigia, al cui interno, purtroppo, difficilmente potranno verificarsi “sollevazioni degli onesti”, soprattutto nelle zone capillarmente controllate dalle organizzazione mafiose e camorristiche. Perciò, sul piano politico, si continuerà ad andare avanti alla giornata, come con il precedente governo di centrosinistra. Un atteggiamento attendista che risale ai primi governi repubblicani, se non addirittura a quelli post-unitari. Ma questa è un’altra storia…
In conclusione, per un verso scorgiamo un Cavaliere pronto al compromesso su quello che non lo riguarda personalmente, come sua consuetudine, e per l’altro un' Italia, che ha votato a destra come a sinistra, molto preoccupata, se non spaventata del futuro. Che, votando Berlusconi o Veltroni e respingendo le estreme, ha mostrato solo di voler difendere egoisticamente, un tenore di vita, più o meno decente, ritenuto a rischio. E dunque tutt’altro che pronta a scendere in piazza per "fare la rivoluzione"... Un’Italia rinunciataria e disposta ad aggrapparsi a qualsiasi mano tesa, pur di non tornare economicamente indietro.

Anche quella del Cavaliere.

Carlo Gambescia 

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