venerdì 21 marzo 2008

Riletture 
The Passion , secondo lo spettatore…



Ripubblichiamo la nostra recensione del film The Passion”di Mel Gibson. Si tratta di un testo che che risale all’aprile del 2004. E dunque inedito per i frequentatori di questo Blog.
Si intona alla giornata e contiene alcune riflessioni, crediamo, ancora interessanti. Buona lettura.

Dopo mesi di polemiche teologiche o meno, ha vinto il botteghino. Il primo giorno di programmazione La Passione di Cristo ha battuto il Signore degli anelli 3. Gesù ha incassato più di Frodo. L’accostamento può infastidire ma il cinema è business. Intellettuali, politici e religiosi possono disquisire quanto vogliono, ma poi sono gli spettatori a dire l’ultima parola sulla base di impulsi elementari. Tra i quali c’è l’obliquo fascino che la violenza esercita sugli uomini. E che Gibson da uomo di cinema ha saputo trasporre abilmente sullo schermo.
Perché (ed è inutile nasconderlo), al di là di una minoranza di addetti ai lavori (religiosi, devoti, ecc.), tutti gli altri spettatori si sono recati al cinema incuriositi da quella truculenza delle immagini enfatizzata dai media.
Piccolo inciso teorico: è inutile scandalizzarsi per la violenza a tratti sadica del film. Perché il cinema, soprattutto quello d’oltreoceano, è fatto così : coinvolgimento emozionale, attraverso il duro, spesso durissimo, linguaggio delle immagini. Con l’avvertenza, che una volta usciti, poiché il coivolgimento è mediato (gli spettatori sanno che si tratta di una finzione), si torna alle solite occupazioni: al coinvolgimento segue sempre il distacco. Del resto, se non fosse così, l’industria cinematografica non esisterebbe: lo spettatore-cittadino è in cerca di brividi, ma per “interposta” persona. E il potere incoraggia indirettamente la violenza “rappresentata”, perché aiuta a sublimare e depotenziare quella reale. Certo, c'è il rischio opposto della banalizzazione. Ma in linea di principio, la crudeltà delle immagini prodotte dall’industria cinematografica è sempre al servizio della disciplina collettiva. Come sottoprodotto, per semplificare, di quel meccanismo bastone-e-carota, su cui si reggono le società. Niente di nuovo sotto il sole… Inciso chiuso.
Pertanto se il cinema, soprattutto hollywoodiano, è strumento di conservazione sociale, difficilmente The Passion provocherà rinascite religiose a sfondo pauperistico o antisemita, come alcuni laicisti pelosamente temono... Ma allora al di là delle morbosità, cosa può aver colpito lo spettatore “medio” di oggi, così poco credente e praticante? Di sicuro la “trama” e la forza “simbolica” di alcuni personaggi. Ci spieghiamo meglio.
In primo luogo, l’uno contro tutti; il Buono: nel “gioco” cinematografico dei buoni contro i cattivi, giganteggia la figura di Gesù, come quella di un uomo ingiustamente perseguitato, che predica l’amore e riceve in cambio frustate, in nome di un irrazionale odio collettivo. E di riflesso nel clima sincretico di oggi, gli spettatori avranno sicuramente sicuramente assimilato Gesù a Gandhi e Madre Teresa.
In secondo luogo, il tutti contro uno; i Cattivi: Pilato e i suoi soldati torturatori, Caifa e le sue folle prezzolate. Il pensiero dello spettatore è certamente andato ad altri occupanti e politici, altrettanto feroci e intriganti che oggi insanguinano il mondo, a ogni latitudine.
In terzo e ultimo luogo, la figura di Maria e il suo rapporto con Gesù. Ogni spettatore è di certo rimasto incantato dallo sguardo di Maria. E da come i suoi occhi cerchino quelli di Gesù. E in che modo? Con la stessa naturale semplicità di chi ama in modo assoluto il "proprio" figlio. Siamo davanti a un rapporto di dedizione totale. Che fa riflettere, più umanamente, su quel sentimento di pietà vera e profonda che può provenire solo da una donna e madre.
Resta poi, ma questo è un elemento remoto, avvertito probabilmente solo da pochi spettatori, predisposti e sensibili oltre la “media”: il fortissimo senso del mistero. Sul perché un “uomo” si sacrifica sulla croce. Perdonando i suoi persecutori. Incredibile. Certo, molti spettatori, come il “ragazzetto in giacca di pelle” intervistato da Repubblica , non hanno capito ed escono scontenti: “Perché in genere al cinema i cattivi alla fine vengono sconfitti e puniti”. Ma se non si trattasse solo di un film? Se non fosse solo una trasposizione pulp della vita di Gesù? O un semplice argomento di conversazione tra amici, come in occasione di tanti altre pellicole made in Usa ?
Ecco perché, in fondo, The Passion rappresenta una sfida al nostro senso comune secolarizzato: il mistero può aprire al sacro e il sacro, a sua volta, al trascendente.

E qui, purtroppo, nasce un problema: chi di noi, attualmente, se la sente di spiccare il volo? 

Carlo Gambescia

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