giovedì 10 gennaio 2008

Il libro della settimana: Roberto Della Seta e Daniele Guastini ( a cura di), Dizionario del pensiero ecologico. Da Pitagora ai no-global, Carocci, Roma 2007, pp. 434, euro 29,50.



http://www.ibs.it/code/9788843042821/della-seta-roberto/dizionario-del-pensiero.html


A che cosa serve un dizionario? A fornire rapidamente una serie di informazioni essenziali e precise su una certa materia, dalla matematica alla filosofia. Ora il Dizionario del pensiero ecologico, curato da Roberto Della Seta e Daniele Guastini (Carocci, Roma 2007, pp, 434, euro 29,50) non offre al lettore nulla di tutto questo. Per almeno due ragioni.
In primo luogo, perché non ha un preciso taglio editoriale. Voce dopo voce, mette insieme confusamente sotto il profilo teorico (come poi vedremo) e in modo approssimativo sotto quello redazionale concetti e biografie. Infatti si tratta di voci quasi sempre frutto di seconde letture e non di conoscenza diretta dei testi da parte di autori e collaboratori. E così sono liquidate, in poche e imprecise battute, voci importanti come Economia ecologica, Olismo, Antiutilitarismo. Per diffondersi invece su Giacomo Leopardi ed Ermete Realacci. O ripetere, come accennato, tesi altrui. Ad esempio, tanto per citarne una, la voce Alain de Benoist, si regge sulla lettura del pensatore francese come antiuniversalista in odore di criptonazismo, fornita a suo tempo da Francesco Germinario.
Probabilmente ci si doveva concentrare sui soli concetti, come ad esempio Colin Johnson nel suo ottimo Green Dictionary (1991), ancora oggi utilissimo. Di qui, considerata appunto l’esiguità di pagine per un dizionario come questo impostosi di partire da Pitagora, le clamorose assenze proprio sul piano delle voci biografiche. Ne citiamo solo alcune: Juan Martinez-Alier, uno dei padri contemporanei dell’economia ecologica, e autore di un importante studio in argomento (1987) ; Leopold Khor, primo teorico assoluto del “piccolo è bello”; James Robertson, economista già collaboratore della New Economics Foundation di Londra, e autore di uno dei migliori manuali di “economia compatibile” (1993). Per non parlare poi dell’assenza di una voce dedicata a Karl Polanyi, storico e teorico eterodosso dell’economia per eccellenza… E probabilmente ne meritava una anche il compianto Alfredo Salsano, che negli anni Settanta del secolo scorso, introdusse in Italia il pensiero di Polanyi. Però c’è un voce su Derrida, più alla moda.
E poi non si può buttare lì (ad vocem), quasi allegramente, che Herman Daly abbia scritto con “altri” Un’economia per il bene comune (Red Edizioni 1994)… “Altri” non è che John B. Cobb Jr, il coautore del testo. Il che significa che non solo non si è letto un libro fondamentale, ma neppure che si è presa visione “fisica” dello stesso, pur citandolo: il nome di Cobb jr è in copertina con quello di Daly… Diciamo questo, rischiando l’accusa di essere impietosi verso gli autori, solo per chiarire la "metodologia" di lavoro fatta propria da Della Seta, che tra l’altro è presidente di Lega Ambiente, Guastini e collaboratori.
In secondo luogo, il Dizionario ha un taglio teorico confuso. Che i due curatori presentano invece come un esito (positivo, benevolmente "sincretico") della natura dialogica del pensiero ecologista. Il che in parte può anche essere vero. Ma entro certi limiti. Perché pretendere di giustificare la natura critica dell’ecologismo inglobandolo all’interno di una dialettica dell’illuminismo che avrebbe in sé la soluzione, forzando tra l’altro il pensiero di Adorno e Horkheimer, significa mettere a dura prova l’intelligenza del lettore.
I due curatori, in realtà, non vogliono fare i conti fino in fondo con la modernità illuminista: per un verso la criticano, ma per l’altro cercano di recuperarla filosoficamente, privilegiando l’illuminismo buono su quello cattivo. Il che non è sbagliato. Ma come tradurre poi sul piano politico-sociale questo recupero? Come conciliare concretamente diritti individuali e diritti pubblici? Una chiave interpretativa interessante poteva essere quella utilitarista (moderata) e/o contrattualista (manca, infatti, una voce specifica sul Welfare State). Ma gli autori - e in particolare il filosofo Guastini - non se ne sono curati più di tanto. Ad esempio la voce Diritto dell’ ambiente, neppure sfiora il problema, e quella sul Principio di precauzione ne sottovaluta le importantissime implicazioni politiche in senso schmittiano (Chi decide, e come? Bisogna accettare il conflitto?, eccetera...).
Ma se moderno significa mercato capitalistico a oltranza, fin tra le pareti delle nostre abitazioni, il pensiero ecologico deve proporsi di superarlo o no? E se sì, come? Se moderno significa consumismo, il pensiero ecologico deve superarlo o no? E in quale modo e misura? Se moderno significa competizione sfrenata tra gli individui per “migliorare” a danno dell’altro la propria condizione economica, il pensiero ecologico deve superarlo o no? Ed eventualmente come?
A queste domande, i due fumosi saggi di Roberto Della Seta e Daniele Guastini che accompagnano il Dizionario, non rispondono. Il che, andandosi a sommare, alle carenze sopra riferite, ci spinge a definirlo un lavoro totalmente inutile, perché né forma né informa, per dirla con i vecchi professori liceali di una volta.

Carlo Gambescia

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