giovedì 1 febbraio 2007


Macchina mediatica
E qui comando io! 



Sulla vicenda delle scuse chieste, e prontamente concesse da Silvio Berlusconi a Veronica Lario, sua consorte, non bisogna assumere un atteggiamento snobistico. Perché l’episodio può invece essere un’occasione per capire come funzioni la politica-spettacolo, e come sia uno strumento per far sì, che lettori e telespettatori restino alla larga, dalla politica. Quella vera, fatta di conflitti su problemi concreti.
In primo luogo, il meccanismo mediatico funziona oggi sulla base dell’agenda mediatica ( i temi che devono essere affrontati, secondo criteri politicamente corretti), e della possibilità di accrescere e monopolizzare l’interesse del pubblico e dunque gli introiti pubblicitari. E l’agenda, attualmente, impone la valorizzazione di vicende private, meglio se sentimentali e scabrose, da portare a conoscenza, per ragioni puramente commerciali, del più ampio numero di spettatori e lettori. Su queste basi, appena si presenta l’occasione ( ma spesso viene creata a tavolino, si pensi, appunto alla pubblicazione, non certo causale, della lettera di Donna Veronica su Repubblica), si mette in moto un meccanismo a spirale, che in pratica, costringe i media di ogni tipo a essere sulla notizia prima degli altri. Dopo di che entra in atto un specie di moltiplicatore al rialzo (approfondimenti, interpretazioni, ulteriori dettagli sensazionalistici). Cosicché la macchina mediatica procede a velocità folle, fin quando non interviene, per linee interne, un veto dalle alte sfere economiche e politiche, oppure, come spesso accade, una “saturazione del mercato” di "quella certa" notizia. Il sistema, nel suo insieme, è molto rozzo ma efficace.
In secondo luogo, e qui entriamo nello specifico, la lite tra Veronica e Silvio, chiamiamola così, ha subito rappresentato una ghiotta occasione. Per quale ragione? Innanzitutto, perché rifletteva i principali temi fissati e discussi dell’ agenda del politicamente corretto mediatico-politico: famiglia, diritti delle donne, Silvio, “fascista e macho”, Veronica “democratica e antifascista”, eccetera. E inoltre vista la notorietà dei due personaggi era in gioco la possibilità di trasformare il “salotto” di casa Berlusconi, in una specie di “salotto” mediatico nazionale: qualcosa a metà strada tra “il Grande Fratello” e “Anche i ricchi piangono”. E così è stato. Quest’ultimo l’elemento (il ricco che piange), rinvia alla politica-spettacolo, dove il politico si trasforma in attore e lo spettatore in curioso guardone e giudice (per una volta) delle vite dei più fortunati … Di solito, e in modo interessato, questo aspetto viene presentato come una forma di umanizzazione delle politica. Se ci si passa la battuta, chi si contenta gode…
In terzo luogo, ed è quel che è accaduto ieri, episodi del genere, se opportunamente “lavorati” (titoli a tutta pagina, aperture a ogni telegiornale, editoriali di rinforzo, speciali opportunamente mirati, alla Vespa o alla Lerner, ), possono “veicolare" l’attenzione del pubblico verso problemi, che in realtà non hanno alcuna importanza. Facciamo qualche esempio: è più importante la felicità dei coniugi Berlusconi o quel che stanno combinando gli americani a Vicenza? Sono più importanti le lacrime e lo sdegno di Donna Veronica o il fatto che la legge 30 sulla flessibilità rimarrà tale e quale? Sono più importanti le proteste contro la Tav (e il destino di quelle popolazioni) o le scuse del Cavalier Berlusconi? Insomma, il black-out informativo di ieri ( fino a notte fonda si è parlato solo della coppia “più famosa” d’Italia), mostra quanto sia facile per i mezzi di comunicazione sociale “veicolare” l’attenzione del cittadino verso tematiche di politica-spettacolo, prive di qualsiasi rilevanza politica concreta. Quel che è accaduto ieri è da manuale. E, soprattutto, mostra quanto sia pericolosa una macchina mediatica, funzionante, solo sulla base di criteri puramente commerciali. All’interessato coro mediatico, infatti, si sono subito uniti intorno, e trasversalmente, giornali, televisioni e radio, anche locali.
Il che dovrebbe far riflettere sulla forza dirompente della macchina mediatica. Che, ma questa è una nostra privata opinione, ormai sa benissimo da sola, quando aprire il fuoco, intensificarlo, e soprattutto smettere. Di qui la difficoltà di scoprire e dunque controllare democraticamente i suoi referenti politici (del resto ormai trasversali).
Probabilmente, oggi più che mai, i media, rispondono a un solo dio: il denaro.

Carlo Gambescia

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