giovedì 7 dicembre 2006


Dibattiti.
Si può imporre la virtù per legge? 



Per alcuni  si può imporre.  Ad esempio, l’idea del Ministro della Sanità Livia Turco, di far pagare un ticket più elevato a chi beve e fuma, perché in termini terapeutici “costerebbe” di più allo Stato, è un esempio tipico di tale mentalità. Che, a dire il vero, lascia alquanto perplessi e preoccupati.
Perciò per una volta potremmo essere d’accordo con Piero Ostellino, che sul Corriere della Sera, di sabato scorso, critica l’atteggiamento “moralista e dirigista” della Turco. Tipico, secondo l’editorialista liberale, di una “sinistra vecchia, ancora prigioniera di un’artificiosa contrapposizione fra interessi privati, empiricamente individuabili - e passibili di dover sottostare solo alla regola di non ledere al libertà di ciascuno di perseguire i propri interessi come meglio crede - e interesse collettivo alla cui definizione e al cui perseguimento non presiede mai un criterio ‘oggettivo’, bensì provvede la volontà di chi detiene il potere in quel momento”.
Potremmo. Ma in realtà anche Ostellino, che da buon liberale, confida totalmente nelle capacità di scelta dell’individuo, non ci convince completamente.
Qual è il vero punto della questione. Il bere, il fumare, ma a rigore anche il drogarsi, sono libere scelte? Oppure scelte che dipendono da un modello culturale, come l’attuale, che indica nel consumo individuale di beni e merci l’apoteosi della soddisfazione individuale?
Noi condividiamo la seconda ipotesi. Anche se non siamo portati a trascurare le responsabilità individuali del “cittadino (una volta) informato” . Soprattutto penali.
Tuttavia, se si è d’accordo sul fatto che si tratta di un modello culturale, allora è il modello stesso che va cambiato. Come? Attraverso la prevenzione, e non la repressione (fiscale), come invece auspica la Turco. Ma l’individuo non va neppure abbandonato a se stesso, come invece sostiene Ostellino. Insomma, quel che non va fatto è seguire (anche in alternativa) le due strade, dello statalismo (fiscale) e di certo rigido individualismo liberale che considera tutti gli uomini, di per sé, maturi e capaci di scegliere.
Ritorniamo ora alla questione iniziale: la virtù può essere imposta per legge? No, ma deve penetrare lentamente nella società attraverso la graduale evoluzione dei costumi: la libera scelta, deve giungere alla fine di un lento processo di maturazione individuale e sociale. Si pensi solo all’importante ruolo che oggi svolgono i media in ambito pubblicitario. Perché, allora, non potenziare (come del resto in parte già avviene) il settore della cosiddetta “pubblicità-progresso”? Oppure, perché non puntare maggiormente sull’educazione pre-scolare e scolare? In fondo, sono scelte sociali ragionevoli e praticabili.
Va però tenuto presente, che una percentuale di “refrattari” esisterà sempre: si tratta di un fatto, come dire, sociologicamente fisiologico: ci sono uomini e donne, che per le più varie ragioni non si “piegano”… E in questo senso la vera libertà - e qui ha ragione Ostellino - consiste nel rispettare il volere (anche se autodistruttivo) di chi non voglia assolutamente “piegarsi” ( a prescindere ovviamente, come detto, dalle ricadute penali, che vanno sempre punite). Tuttavia, non fare nulla, in termini di prevenzione sociale, sarebbe altrettanto sbagliato. E qui, per certi aspetti, ha ragione anche la Turco, la quale tuttavia sopravvaluta il ruolo dello Stato, valorizzando la repressione, e sottostimando quello educativo ( e preventivo) della società e del costume.
In certa misura, siamo davanti a due forme di provvidenzialismo rovesciato di tipo illuminista: quello della Turco, che al posto della Provvidenza divina, mette lo Stato, e quello di Ostellino, che a Dio e Stato sostituisce l’individuo “sovrano”.
Per quanto ci riguarda, crediamo nel lento e profondo lavorío della società su se stessa, e dunque nell’influenza preventiva dei costumi sull’uomo. E se proprio deve esistere un disegno provvidenziale, sicuramente non può dipendere da noi.
Altrimenti che disegno provvidenziale sarebbe.
Carlo Gambescia

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