giovedì 21 dicembre 2006



Anche i presepi
Politicamente corretti?



La prendo  da lontano.
Ricordo, un amico, che trafficava, in libri vecchi, molto più grande di me, che ogni volta che tentavo di tirare sul prezzo di un testo, mi rispondeva, scherzando, in romanesco: “Aoh, guarda che qui mica è arrivato er tempo in cui i foderi combattono le sciabole resteno attaccate… Mica so’ micco [stupido]”.
Ora, alcuni conservatori, quando si parla loro, di matrimoni gay, assumono lo stesso atteggiamento: non si può “rovesciare il mondo”, le spade guerreggiano e i foderi devono invece restare ben stretti lungo il fianco dei cavalieri “antiqui”. Per contro, i progressisti ritengono invece - per dirla con Günther Anders (primo marito della Arendt, visto che si parla di famiglie) - che “l’uomo sia antiquato”. Non nei riguardi della tecnologia, ma verso certe cose che una volta si chiamavano famiglia, con mogli e figli, nonni, e anche zie, di quelle che piacevano tanto al regista Samperi. Insomma, secondo i progressisti, ci si deve armare di foderi…
Ora chi scrive, non si è mai scandalizzato più di tanto. Il mondo è vario. E nessuno è “perfetto”. Anche perché bisognerebbe prima definire, in modo univoco, l’idea di perfezione. Il che è impossibile, almeno suo piano sociologico e storico. L’amico di cui sopra era uno con il simpatico “vizietto”, che in tempi non sospetti, viveva tranquillamente la sua sessualità, come si direbbe oggi. Colto, ottima persona, non si sentiva perseguitato, e soprattutto, mai si sarebbe sognato di trasformarsi in moralista di segno contrario: vivi e lascia vivere, era il suo adagio preferito. Insomma, una persona libera, priva di pregiudizi, che da vero conservatore-anarchico, mai avrebbe chiesto nulla allo stato: dalla pensione all’ attestato matrimoniale.
Invece le suorine laiche radicali - già note per il loro strabismo occidentalista - la pensano in modo diverso. Vogliono tutto: pensione, assegni familiari, e ora, per parità di diritti, persino il presepe, politicamente corretto, con le pacs-statuine. Ma non erano anticlericali? E che c’è di più “clericale” di un presepe esposto all'interno di un Parlamento Repubblicano?
Per metterla sul sociologico, si può dire, che “l’istituzionalizzazione” di certa controcultura sessuale anni Sessanta, sia ormai in rigoglioso sviluppo. E che, come capita sempre, ai vecchi tabù sessuofobici se ne siano sostituiti nuovi. Fino a certo punto però: perché i gay che chiedono di sposarsi, sposano anche una vecchissima idea borghese di famiglia. Quale? Quella della famiglia come rifugio privato in un mondo (il pubblico), sempre più arido. Una scelta di vita “a rate da pagare”, che ricorda quella delle famigerate “mille lire al mese, un casettina in periferia, una mogliettina, eccetera”…. Cavallo di battaglia canoro del fascismo rosa anni Trenta.
L’unico aspetto nuovo è rappresentato dall’ individualismo democratico. Che ha un suo fondamento, ma che "esibizioni" come quella radicale mettono in ridicolo…
C’è poi un altro aspetto. E’ nota la storia dei perseguitati che si trasformano in persecutori, e così via… ( si pensi, ad esempio, ai templi “pagani” chiusi dai cristiani vittoriosi). Ora, tutte le società, e in particolare le moderne (così rapide nel “consumare” valori), sono soggette a saturazione: una volta raggiunto un certo limite voltano le spalle ai valori dominanti. E guardano altrove.
Perciò non esistono marce storiche trionfali di questo o quel valore culturale: altrimenti oggi saremmo ancora tutti “pagani” o cristiani. E la stessa sorte potrebbe toccare alla cultura gay, una volta pienamente istituzionalizzata.
Ciò non significa “remare contro”, ma più semplicemente, fare buon uso di certo sano scetticismo sociologico.
E’ il sale della tolleranza.
Carlo Gambescia

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