lunedì 2 ottobre 2006



Finanziaria
Ritorno del  "Grande Centro"?



E se il governo Prodi, per l’approvazione della finanziaria, dovesse avere bisogno di voti al Senato? Che accadrebbe? Potrebbe tornare a galla il “Grande Centro” democristiano. Non subito, ma l’approvazione di una finanziaria ritoccata ( o taroccata), potrebbe ricompattarlo...

Ci spieghiamo meglio.
“Le democrazie si governano al centro”. Ecco una bella frase fatta che piace tanto ai vecchi e nuovi dinosauri democristiani dei due schieramenti: tutti vogliosi di un revival scudocrociato. Ma che, quanto a originalità, ricorda la scoperta della “patata lessa” da parte di quel bislacco Mago Merlino, protagonista di uno spot pubblicitario… Ci sembra quasi di sentirli i Marini, i Follini, i Mastella, i Casini, e altri nostalgici dei bei tempi in cui venivano inaugurate bretelle autostradali da ministri col faccione di Alberto Sordi: “Ecco l’idea… Rifacciamo la Democrazia Cristiana”. Bravi non fatevela fregare…
Ora, che esista un elettorato moderato è fuori discussione: un italiano su due si definisce di centro. Ma il centro “partitico”, come ha notato Sartori, è altra cosa: una politica moderata può essere fatta da un governo di centrosinistra come di centrodestra. Non è necessario un partito ad hoc. Va poi detto che la Democrazia Cristiana, che Mastella, Casini & co. rimpiangono, si definiva di centro solo perché non poteva dirsi di destra, in un paese come l’Italia del dopoguerra dove dichiararsi tali causava l’immediata espulsione da quello che poi verrà chiamato “arco costituzionale”…
Una riprova interessante è costituita dall’atteggiamento della Dc nei riguardi del vero “centro”, quello economico: i cosiddetti poteri forti, Fiat e grandi industriali del Nord. Gruppi che hanno sempre mescolato genuflessioni verso il mercato e intrallazzi nelle sagrestie politiche, solo per fare buoni affari e difendere lo status quo: più centro di così… E che avevano nella Dc, più che nel partito liberale, un prezioso esecutore e garante. C’erano anche i cattolici di sinistra, con la fissa dell’ impresa pubblica: quattro gatti, e pure velleitari. Anche perché a decidere poi erano sempre i moderati di origine confindustriale controllata. E ovviamente sempre in favore del centro economico. Basta ricordare la stabilizzazione della lira, le commesse pubbliche, le nazionalizzazioni pagate a peso d’oro, le svalutazioni competitive, i finanziamenti a pioggia. Un sistema in cui viene risucchiato (o si fa risucchiare...) anche il Psi di Craxi, che alle blandizie gesuitiche dei democristiani cerca di sostituire l’irruenza in stivali dei suoi colonnelli. Pagandone però le conseguenze.
Infatti con Tangentopoli la pacchia finisce. Il sistema di connivenze si incrina e si sfalda (guarda caso…) il sistema economico pubblico. Berlusconi va al governo, ma viene silurato subito: il centro economico non lo stima e chiama Dini. Come non apprezza il successivo centrosinistra, malgrado i buoni uffici di D’Alema e Amato. Dopo di che torna il Cavaliere ma fallisce di nuovo. Al centro economico non resta perciò che puntare di nuovo su Prodi. Il quale, ora, potrebbe avere bisogno di quei voti democristiani di cui sopra…
Tuttavia la voglia di democrazia cristiana è voglia di una normalità tutta speciale: coi poteri forti che ordinano e un partito che ubbidisce. Una normalità che favorisca quell’ unipolarismo economico, concreto e gestito dai salotti buoni, che ha segnato la storia della Repubblica fino a Tangentopoli. E che dopo circa dodici anni di bipolarismo politico, astratto e straccione, potrebbe prendere di nuovo il sopravvento. Infatti, è più che probabile, che per l’approvazione della finanziaria, il condizionamento del centro democristiano (e quindi dei poteri forti “unipolaristi”) su Prodi, torni a farsi sentire e in modo piuttosto pesante. Si pensi, ad esempio, alle pretestuose polemiche di Mastella sui ceti medi “strangolati” dalle tasse… Pretestuose perché in realtà, come è noto, statisticamente appartengono al ceto medio solo coloro che guadagnano tra i 15 e i 30 mila euro, circa il 30 per cento dei contribuenti e non quell’ 1,5 per cento che è tra i 70 e i 200 mila euro… difeso da Mastella . E anche a certe concessioni tipicamente "democristiane" di Prodi alle grandi imprese, come la Fiat, con problemi di ristrutturazione (si parla di seimila prossimi licenziamenti), in termini di mobilità lunga: un istituto, reintrodotto dalla legge finanziaria in approvazione, che mette a carico dell’Inps i lavoratori cinquantenni messi in “esubero” portandoli fino alla pensione. Il che è giusto sul piano sociale. Ma non su quello economico e politico: le ristrutturazioni se frutto di cattiva gestione, dovrebbero essere pagate fino all'ultimo centesimo dalle imprese colpevoli. Come nel caso della Fiat...
Perciò, come in Jurassic Park, il professore bolognese, se non si divora da solo, rischia di essere divorato da rettili preistorici democristiani clonati dal Dna di dinosauri estinti come Moro, Fanfani e Forlani.
Ma come è stato possibile conservarne così bene il Dna? Facile. Per mezzo di Forza Italia e della Quercia: due splendide macchine biotecnologiche, inventate rispettivamente da Berlusconi, Occhetto, D’Alema, Fassino e compagnia cantante.
Come non ringraziarli?

Carlo Gambescia

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