sabato 22 luglio 2006


Libano
Perché la situazione sta precipitando




Un consiglio. Nessuno si faccia troppo illusioni sulla conferenza di Roma di mercoledì. I rapporti di forza tra Stati Uniti e Israele da un parte, e Libano, palestinesi , mondo arabo-islamico, Europa dall'altra, sono talmente poco equilibrati, che, se pace vi sarà, sarà a senso unico, e dunque precorritrice di altri conflitti.
La bilancia del potere (e della forza politico-militare), pende solo da un parte: quella statunitense-israeliana, e la "pace", quando verrà, sarà soddisfacente solo per americani e israeliani. Lo squilibrio di potere non facilita mai il compromesso intelligente, in grado di accontentare o comunque non scontentare, e far salva la faccia delle due parti, favorendo così un più o meno lungo periodo di pace.
Non si parla qui di pace definitiva e universale, dal momento che si tratta di un fenomeno che non esiste "in natura". Purtroppo.
Tuttavia, come ha insegnato un grande politologo come Julien Freund, nelle situazioni conflittuali (e dunque anche internazionali), quando manca la figura del Terzo, di un attore (un'istituzione con forza coercitiva, un raggruppamento regionale di stati, una potenza terza, eccetera) che sia in grado di favorire una soluzione di compromesso "pro pace" , il conflitto tende a precipitare verso le forme estreme e feroci.
E nel caso dell'invasione israeliana del Libano, e più in generale della crisi mediorientale, va registrata l'assenza del Terzo - almeno a far tempo dalla dissoluzione dell'Unione Sovietica. La cosiddetta polemica sull'unilateralismo americano dovrebbe essere condotta teoricamente più a fondo, valorizzando la "Sociologia del Terzo (Attore Internazionale)". Attenzione però: il Terzo Attore, a sua volta, deve essere dotato di una forte capacità di deterrenza politico-militare. La minaccia militare del Terzo, può piacere o meno, resta l'unico strumento capace di "persuadere" i due avversari . E' perciò ovvio che il Terzo metta in conto la possibilità di doversi battere.
In conclusione, resta il fatto che la guerra, come fenomeno essenzialmente dualistico (basato sull'opposizione amico-nemico), rischia sempre di evolvere verso forme di estrema polarizzazione conflittuale. Mentre in presenza di un Terzo, può evolvere verso un rapporto triadico (a tre) e dunque di mediazione. Il Terzo impedisce che il conflitto degeneri. Sociologicamente ( e questa è un' intuizione di Simmel ripresa de Freund) la presenza, del Terzo qualunque sia la sua forma (mediatore, arbitro, Terzo neutrale, Terzo Super Partes) favorisce l'evoluzione dualistico-polemogena del conflitto verso esiti, comunque, meno cruenti.
Il punto politico è che attualmente né l'Onu, né L'Europa, né la Russia, nè la Cina, né tanto meno India e Pakistan, Iran e Siria possono svolgere questo importantissimo ruolo. Perché non hanno, in primis, alcuna credibilità politico-militare, capace di controbilanciare la forza statunitense e israeliana, spostando uno dei due piatti della bilancia in favore di libanesi e palestinesi.
E ciò spiega il nostro pessimismo sull'evoluzione della crisi libanese e mediorientale.

Carlo Gambescia

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