giovedì 23 marzo 2006

 

Profili/19
Gino Germani 




Gino Germani (1911-1979) è un esempio di come si possa essere studiosi di politica, senza però cadere nella trappola degli specialismi e soprattutto del "presentismo" politologico. Che si intende con questo termine? Si indica una politologia (ma il problema oggi riguarda tutte le scienze sociali), come quella attuale, ripiegata quasi esclusivamente sullo studio del "presente" (e delle sue implicazioni temporali immediate, dai cicli elettorali a quelli politico-economici), come unica realtà meritevole di essere approfondita. E quel è che più grave è che il "presente" - e soprattutto le sue forme politiche (che riflettono le istituzioni consolidatesi nell'Occidente euro-americano dopo due guerre mondiali) - spesso viene utilizzato ideologicamente da larga parte della politologia contemporanea in modo acritico e astorico come modello storico per giudicare tutte le forme politiche del passato, del presente e del futuro.
Gino Germani nasce a Roma nel 1911. Figlio di un sarto socialista e di una madre di origine contadina e fervente cattolica. Studia ragioneria e nel 1930 si iscrive alla Facoltà di Economia e Commercio. Ma lo stesso anno viene arrestato e condannato a cinque mesi di prigione per aver distributo letteratura antifascista. Nel 1934, poco dopo la morte del padre, per evidenti ragioni economiche e politiche, emigra con la madre in Argentina. Nonostante la giovane età, oltre al ricordo di Roma e dell'Italia, porta con sé un notevole bagaglio intellettuale di letture e interessi, musica, filosofia, scienze sociali. Nel 1938, dopo aver provato a continuare gli studi di economia, decide di iscriversi alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Buenos Aires (UBA). Dove grazie a Ricardo Levene, titolare all'epoca dell'unica cattedra di sociologia dell'UBA, scopre la sua vocazione di sociologo e scienziato politico. Negli anni Quaranta studia intensamente, fonda e scrive su riviste antifasciste, scopre e fa tradurre, introduce i classici della sociologia europea e americana, lavora per il ministero dell' Agricoltura e in campo editoriale. Addirittura si occupa del "Correo Sentimental", la rubrica di piccola posta della rivista "Idilio", rispondendo alle lettrici. E' un "hombre multifacético", pur conservando un forte accento italiano, parla fluentemente lo spagnolo e conosce molte lingue ( giungerà a scrivere libri e articoli direttamente in spagnolo, italiano, francese, inglese, portoghese). Uomo dall' intelligenza acutissima, lettore onnivoro e dotato di visione storica profondissima, oltre che sociologica. Soffre la dittatura di Peron. E sale perciò in cattedra solo nel 1955. E nei successivi undici anni (1955-1966), quale capace organizzatore non può non lasciare una forte impronta sul processo di istituzionalizzazione della sociologia argentina (crea cattedre, fonda istituti, promuove ricerche, forma discepoli, prende contatti con l'estero ). Acquisisce fama internazionale. Si reca spesso, invitato, negli Stati Uniti, dove tiene corsi all'Università di Harvard. Nel 1966, dopo il colpo di stato, lascia l'Argentina proprio per Harvard. Nel 1976 si traferisce in Italia, torna a vivere nella sua Roma, mantenendo però l'insegnamento americano. Ottiene una cattedra all'Università di Napoli, dove insegna fino al 1979, anno in cui muore.
L'impianto teorico della sociologia di Germani è di tipo struttural-funzionalista, e leggendo i suoi libri si avverte il forte influsso , oltre che di alcuni classici (Durkheim, Pareto, Weber), della sociologia parsoniana. Senzà però dimenticare il ruolo giocato nel suo pensiero da Marx e Freud. Questa sua scelta "americana" gli attirò purtroppo critiche in Argentina, a destra e sinistra: per i primi la sua sociologia era "antinazionale", per i secondi "serva" degli statunitensi. Mentre in realtà nelle sue opere Germani si è soprattutto sforzato di capire, da vero teorico, partendo da un impianto olistico (la società come un tutto), la reale portata sociologica di fenomeni come la modernizzazione, la secolarizzazione, il totalitarismo. Certo, non in chiave "presentistica", come puri e semplici fatti politici e sociali appartenenti a fasi di sviluppo precedenti: reperti archeologici sui quali gli scienzati sociali non devono indugiare più di tanto. Ma come costanti di tutte le società umane, e soprattutto come fenomeni connessi ai processi di disorganizzazione, organizzazione e rioganizzazione sociale. Dei quali la modernità è certo portatrice, senza per questo dover autorappresentarsi come l'unica depositaria dei valori di una specie di "migliore dei mondi possibili". Perciò Germani, non segue fino in fondo la sociologia di Parsons: non ne condivide l'ottimismo storico. Inoltre, per quel che concerne lo studio della società moderna Germani riprende e sviluppa il problema fondamentale della sociologia classica, quello dell'ordine sociale . A suo avviso le tensioni strutturali tipiche delle democrazie e della società moderne, nascono dalla tensione tra sviluppo crescente dei processi di secolarizzazione e perdurante necessità di un nucleo di valori condivisi e prescrittivi, ai quali nessuna società può rinunciare, pena la sua disintegrazione. Insomma, Germani è consapevole che senza un punto di riferimento comunitario, sociopsicologico, identitario (e non puramente contrattualistico) capace dunque di trascendere l'individuo, senza però tradirne il consenso, nessuna società è in grado di guardare con fiducia al futuro: di crescere e perpetuarsi. E questo spiega perché oggi le scienze sociali, in quanto riflesso di una società priva di un nucleo comunitario, siano così passivamente ripiegate sul presente.
Tra le sue opere ricordiamo: Estructura social de la Argentina (1955); Estudios del Psicologia Social (1956); La sociologia en America Latina (1964); Politica y sociedad en una epoca de transicion (1965, trad. it. parziale Sociologia della modernizzazione, Editori Laterza, Bari 1971); Sociologia de la modernizacion (1971, trad. it, parziale, Sociologia della modernizzazione, cit.). In italiano si veda anche Autoritarismo, fascismo e classi sociali , il Mulino, Bologna 1975); Saggi Sociologici a cura di A. Cavicchia Scalamonti e Luis Sergio Germani, Edizioni Libreria dell'Ateneo di G. Pironti, Napoli 1991 (con un'importante bibliografia delle opere, articoli e saggi, pubblicati da GG). Va infine ricordato il "Centro Gino Germani di Studi Comparati sulla Modernizzazione", che dispone di una ricca biblioteca diretta dal figlio, dottor Luis Sergio Germani, (Via Della Dogana Vecchia, 5 - Roma 00186 telefax 066876878). Il Centro, di cui è presidente il sociologo, professor Luciano Pellicani, pubblica il quadrimestrale "Modernizzazione e Sviluppo


Carlo Gambescia

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