lunedì 27 marzo 2006


Elezioni e partecipazione al voto




Nelle democrazie un buon barometro dello stato di salute è costituito dal tasso di partecipazione elettorale. Ora, all'incirca negli ultimi 15 anni, e il trend non riguarda solo l'Italia, la percentuale dei votanti, nelle varie "tornate" elettorali (incluse quelle referendarie) è costantemente diminuita. In Europa partecipa alle elezioni in media il 60 % degli aventi diritto, in Italia il 70 %, Negli anni Settanta e Ottanta, votava rispettivamente il 70 e l'80% . Si tratta di valori medi, che non escludono, dunque, picchi occasionalmente più alti. Il dato importante è il trend negativo: si partecipa, col proprio voto, alle elezioni sempre meno.
Sotto questo aspetto gli inviti generici delle forze politiche a votare sono semplicemente ridicoli perché ignorano la naturale strutturale del fenomeno.
La bassa affluenza indica tre pericoli.
Primo: la "salute elettorale" delle nostre democrazie è pessima, dal momento che un sistema che perde elettori rischia di perdere anche legittimità.
Secondo: la depoliticizzazione è ormai un fenomeno di massa. Quasi 2 europei su 4 non votano. più. E 1 italiano su 4. E una democrazia composta solo di individui dediti al "particulare" rischia di trasformarsi in fiera degli egoismi sociali.
Terzo: per quasi la metà degli elettori l'esercizio della libertà di voto è divenuto un peso. E purtroppo una democrazia in cui la libertà politica è trascurata o disprezzata, rischia prima o poi di aprire le porte al buon tiranno.
Cerchiamo di capire le ragioni strutturali di questo grave fenomeno.
In primo luogo, le nostre sono democrazie "consumistiche": l' elettore è interessato a difendere solo il suo livello di consumi. Tutto quel che esula dal mantenimento di un certo tenore di vita, come i grandi problemi ambientali, sociali, costituzionali, culturali non è tenuto in alcuna considerazione né dall'elettore né dalle forze politiche ( a parte rare eccezioni, meritorie sul piano dei programmi, ma che per ora quanto a risultati concreti, non hanno minimamente influito sulla struttura generale dei consumi privati).
In secondo luogo, dietro l'assenteismo elettorale c'è la cultura del disimpegno politico, così massicciamente diffusa a scopo preventivo dalla cultura mediatica del "divertentismo" capitalistico. E con "buoni" risultati purtroppo. Ricerche mostrano che solo 1 giovane su 4 crede nella funzione democratica del voto. E che per contro 3 giovani su quattro credono solamente (nel seguente ordine), nel lavoro, nell'amicizia e nell'amore. Tutti valori nobili e importanti, ma "privatistici" per eccellenza. Quanto agli adulti, è noto che 2 su quattro ritengono i partiti politici poco affidabili.
Un trend dunque preoccupante. Che non sarà facile invertire. Non si può infatti premere, per così dire, l'acceleratore sociale ed economico sui valori consumistici e privatistici, e poi prentendere  che un elettore, ridotto a homo consumans, possa partecipare attivamente alla vita pubblica, attraverso un voto, che in realtà, è dallo stesso elettore avvertito come qualcosa di lontano se non di totalmente estraneo ai suoi interessi di vita.

E' una gravissima contraddizione politica e sociale. Che nessuno sembra comprendere. Perché? 

Carlo Gambescia

Nessun commento:

Posta un commento